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Brescia
di MARTA GALIAZZO 24 feb 2016 00:00

Abel Ferrara, il regista del sogno

Il 5 marzo all'accademia Laba il regista americano sarà ospite di Old Cinema. In attesa dell'appuntamento gli abbiamo rivolto qualche domanda

Ogni volta che prendiamo posto in una sala cinematografica, abbandonando noi stessi sulle comode poltrone numerate, inevitabilmente abbassiamo le difese e lasciamo che il grande schermo ci porti via. Un viaggio verso altri mondi, talvolta verosimili, talvolta assurdamente fantastici, talvolta così reali e intensi da fare male. Le vite e i sogni dei personaggi diventano i nostri, e anche se questo non è sempre facile o piacevole, porta ad una crescita e ad un confronto con noi stessi. Il cinema, poi, è uno spazio comune, uno spazio che condividiamo con le persone vicine a noi, siano amici o sconosciuti. E’ un luogo dove le persone si incontrano, si emozionano, si esprimono e vivono insieme.

Il cinema è importante per l’anima come lo è la cultura, o per meglio dire, il cinema è cultura, ed è anche sulle tante vecchie sale che si è costruito il tessuto relazionale e sociale del nostro Paese, prima della crisi degli incassi e l’avvento dell’home-video. A salvaguardia di questa tradizione e a promozione del potenziale recupero dei tanti cinema oggi in disuso proseguono le iniziative di Old Cinema 2016. La rassegna, attiva a livello nazionale, ha reso e renderà Brescia protagonista di attività, mostre fotografiche e incontri sul tema dando a tutti la possibilità di guardare al cinema attraverso gli occhi di grandi registi ed esperti. Dopo gli appuntamenti con Walter Veltroni, Pupi e Antonio Avati e il filosofo Massimo Cacciari, il 5 marzo sarà la volta di Abel Ferrara, regista americano di fama internazionale, che sarà la star di una masterclass presso l’accademia Laba e di un incontro col pubblico. In attesa di questo appuntamento gli abbiamo rivolto qualche domanda.

Ferrara, lei sarà a Brescia tra pochi giorni, ospite della rassegna Old Cinema, che come sa è dedicata alla sensibilizzazione verso il patrimonio culturale cinematografico e al recupero delle molte vecchie sale oggi non più in uso. Cosa pensa di questa tendenza?

La gente non ha più bisogno delle sale per vedere del buon cinema perché ha a disposizione ogni tipo di tecnologia per farlo. Però ogni volta che si ha un gruppo di persone in una stanza buia si ha a che fare con una sorta di esperienza spirituale e religiosa. Certo internet ha il suo potere ed offre la possibilità di usufruire di una rete in qualsiasi luogo e di vedere un film sul computer, sul cellulare o su un tablet in qualsiasi momento tu voglia. Ma la vera domanda è: guardare un film in formato digitale sul tuo smartphone può considerarsi un’esperienza analoga a quella di vederlo in una sala cinematografica circondato da altre persone? Ti resterà nella memoria allo stesso modo? Ti colpisce fisicamente ed emotivamente in egual misura? No. E’ un po’ come la differenza tra bere rum invecchiato e bere birra light.

Durante la masterclass che terrà all’accademia Laba, in molti potranno trarre spunto dalla sua esperienza accumulata in molti anni di lavoro. Tra i suoi tanti successi cinematografici, ce n’è qualcuno di cui è particolarmente fiero? C’è un film che ha diretto al quale è particolarmente legato?

No, non direi. Sono più attento a ciò che sto facendo ora, alle sfide che mi attendono coi film che sto facendo oggi. Cerco più che altro di capire la vita nel cinema new age, le realtà di cui voglio parlare e le persone che voglio raccontare.

Da quali registi pensa di aver imparato di più nella sua carriera? Chi le è stato di maggiore ispirazione?

Ho imparato da moltissime persone, non solo dai registi. Da persone che mi hanno influenzato anche senza che me ne accorgessi, da altre che hanno lasciato il segno, sicuramente anche da qualcuno che oramai ho dimenticato. Parlando di registi, beh... ce ne sono moltissimi. Non si possono nemmeno quantificare. Ovviamente Pasolini è uno di questi.

E’ questa la ragione per cui ha scelto di raccontarlo nel suo ultimo film “Pasolini, 2014”? Cos’ha voluto dirci di lui e cosa voleva emergesse?

Ho scelto di fare un film su Pasolini per un milione di ragioni, iniziando dal fatto che lui amava il suo lavoro, per via del mistero legato alla sua vita, e del mistero ancora più grande legato alla sua morte. Il fatto che fosse italiano, anche. Non è importante quello che io volevo trasmettere, ma quello che ciascuno percepisce. Ognuno risponde con i propri occhi e reagisce in modo diverso. Ciò che conta è che noi siamo arrivati alla realizzazione di questo film attraverso l’amore e il rispetto, lasciando che questi ci trasportassero ovunque ci hanno trasportato. E così deve fare lo spettatore. Non ha nulla a che vedere con l’idea che ho io e che ti devo trasmettere.

Oltre a Pasolini quali altri autori italiani ha amato di più? C’è un film in particolare che le è rimasto nel cuore?

Anche in questo caso ce ne sono così tanti da non poter essere elencati. E’ un peccato poi citarne alcuni, perché significa tralasciarne altri. Potrei dirti Bertolucci, Rossellini, Antonioni... .Come film direi forse “La signora senza camelie” di Antonioni.

Si può dire che il suo campo d’azione privilegiato è quello del film noir, ambientato in città cupe e violente in cui troviamo personaggi tormentati e gangster, storie di malavita e voglia di redenzione. Nei nuovi film in cantiere ci sarà spazio per nuovi temi? C’è qualcosa che ancora non ha affrontato, ma di cui le piacerebbe parlare nei suoi prossimi lavori?

Si, ci sono molte cose di cuoi vorrei parlare, al posto numero uno ci sono i sogni. Vorrei provare a filmare i sogni, anche se i film sono già sogni in ogni modo. Catturare i sogni di un’anima è il soggetto che mi piacerebbe avere nei miei film.
MARTA GALIAZZO 24 feb 2016 00:00