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Brescia
di GIACOMO CANOBBIO 09 nov 2018 10:16

C’è Dio all’origine del desiderio

Nei giorni scorsi è stato presentato l’ultimo numeri dei Quaderni teologici del Seminario, in cui un gruppo di docenti affronta il tema da diverse prospettive

Lo sport maggiormente praticato, e non solo da oggi, non partecipa alle Olimpiadi, anche perché tutti risulterebbero vincenti, è il lamento. Di fonte alla constatazione ci si potrebbe abbandonare al lamento, che ovviamente non riuscirebbe a cogliere la matrice del fenomeno; non farebbe altro che accentuarlo. Vale invece la pena tentare di capire da dove venga e perché sia tanto diffuso.

Radice. La radice sta nella percezione di una distanza tra la vita immaginata e quella che effettivamente è possibile vivere. Se così è, ci si deve domandare su quale base si crei l’immaginazione della vita. Si potrebbe dire che è indotta dai modelli che il mercato è capace di proporre alle persone umane, rese in buona parte semplici consumatori. Ineccepibile l’osservazione. Resta però ancora da capire perché quei modelli facciano presa, riescano a orientare le scelte. La storia del pensiero ci offre alcuni elementi, che trovano facile riscontro appena una persona si fermi a pensare. Tra questi la tradizione che ha preso avvio nel pensiero greco mette in evidenza la dialettica tra bisogno e furbizia, raccontando il mito di Eros: nel giorno di Venere penia (povertà, indigenza, bisogno) si unisce a poros (furbizia, intelligenza) concependo Eros, che nella sua condizione di semidio è alla continua ricerca di soddisfazione. Il mito descrive la percezione di incompiutezza inscritta negli esseri umani, che apre alla ricerca di felicità.

Lamento. Tornando al lamento e alla sua matrice, si può dire che esso è generato dal constatare che il mondo nel quale si vive, le relazioni che si stabiliscono, i risultati che si raggiungono, non soddisfano perché non corrispondono alla pienezza alla quale le persone avvertono di essere destinate, benché la configurazione di questa resti non precisata. Si può pertanto sostenere che il lamento è la faccia negativa del desiderio. Per dire il significato di questo termine ci si è riferiti alle stelle: de-sidere direbbe che si sono smarrite le stelle e quindi si attende di ritrovarle; oppure che si attende da esse il dono di una vita in pienezza. Questa infatti non può che venire dal cielo, poiché gli esseri umani vi tendono, ma non hanno le forze per raggiungerla. Non a caso si parla di “destino”, che però non va inteso come “caso”, bensì come “destinazione”.

Desiderio. Nella tradizione ebraico-cristiana, a differenza di quanto si legge nella mitologia antica – si pensi all’epopea di Gilgamesh, ai miti di Icaro, di Sisifo, di Prometeo – si sottolinea che Dio non ha fissato un limite al desiderio di felicità degli esseri umani. Dio è piuttosto all’origine di questo desiderio. Lo aveva sottolineato con rara efficacia Sant’Agostino all’inizio delle Confessioni, scrivendo: “Ci ha fatti per te, Signore, e il nostro cuore non è in pace finché non riposi in Te”. Per questo ogni desiderio – anche quello più futile – è manifestazione del desiderio che Dio ha posto nel cuore delle persone. Coerentemente, il desiderio non va soffocato; va anzi coltivato orientandolo verso ciò che effettivamente lo può appagare. Ancora Sant’Agostino, commentando un passo della Prima Lettera di san Giovanni, là dove si dice che non siamo ancora quel che dobbiamo diventare (1Gv 3,1-3), descrive la vita cristiana come “ginnastica del desiderio”.

Quaderno. Al desiderio è dedicato il n. 28 dei Quaderni teologici del Seminario di Brescia, appena pubblicato. In esso un gruppo di docenti dello Studio Teologico Paolo VI illustra il tema da varie prospettive. Se è vero quanto scriveva Aristotele all’inizio della Metafisica: “Ogni essere umano desidera conoscere”, chi vorrà capire qualcosa di più di ciò che si muove nel suo spirito, potrà trovare in questo volume un notevole aiuto.

GIACOMO CANOBBIO 09 nov 2018 10:16