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Brescia
di VITTORIO BERTONI 28 apr 2018 10:39

Il mondo visto da Orwell

Giovedì scorso, con una serata dedicata a George Orwell, si è chiuso il Mese Letterario, la rassegna culturale promossa dalla Fondazione San Benedetto. L'ultimo ospite della kermesse, Edoardo Rialti: “La sua vocazione alla scrittura è rivolta a fornirci uno sguardo sul mondo”

È sufficiente il solo drammatico esempio della Siria per capire quanto il mondo distopico di Eric Arthur Blair, alias George Orwell, sia del tutto attuale. La visionaria utopia negativa ipotizzata dallo scrittore inglese ne “La fattoria degli animali”, in cui 'tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri' e nella società indesiderabile e spaventosa del Grande Fratello in “1984” è stata contestualizzata da Edoardo Rialti, traduttore e curatore di letteratura inglese, fantasy e fantascienza per diverse case editrici, intervenuto nell'ultimo appuntamento del Mese Letterario organizzato da Fondazione San Benedetto. 

Uno scrittore scomodo – ha spiegato Rialti – e per questo uno dei più citati e dei meno letti del secolo scorso, al pari di Pasolini e Don Milani”. Nato nel 1903 in una colonia dell'Impero britannico, avviato ad una brillante carriera diplomatica, Orwell compie la sua prima scelta. “Parla dei minatori inglesi e li definisce non persone, ma cariatidi sudice che reggono il peso del mondo. Affronta il conservatore che è in lui e diventa il primo avversario della politica imperialista di Sua Maestà”. Da giovane sviluppa la sua capacità a mostrare dimestichezza con le parole e a guardare in faccia i fatti spiacevoli. “La sua vocazione alla scrittura è rivolta a fornirci uno sguardo sul mondo”. In modo così lucido e profetico, tanto da aver dato luogo alla nascita dell'aggettivo 'orwelliano' oggi ampiamente usato per descrivere meccanismi totalitari di controllo del pensiero. Nel 1936, antifascista convinto, combatte in Spagna. Ma matura la convinzione che il vero pericolo sia un altro tipo di totalitarismo: il comunismo staliniano e intuisce da dove arriva la sete di potere. “Il potere crea il potere. Nessun uomo riuscirà mai a debellare il desiderio di potere. Ma la volontà di comandare non è così corrotta come la volontà dell'ubbidire”. Orwell ha scritto pagine che per la loro valenza profetica potrebbero essere scritte domani. La guerra delle parole. “Si crea la 'neolingua', che è l'impoverimento della lingua stessa. Si distruggono le parole, si eliminano verbi e aggettivi”.

La quiescenza degli intellettuali. “Sono i primi conformisti. La guerra è sporca sempre da qualsiasi lato la si guardi”. Le fake news. “Si abbandoni l'idea che la storia può essere scritta in modo obiettivo”. L'immagine di un mondo allucinante nel quale il Grande Fratello controlla non solo il futuro, ma anche il passato è attuale ancora adesso. La storia viene mascherata da utopia. Come se ne esce? “Già il filosofo Hidegger suggeriva che 'il linguaggio è la casa dell'essere e nella sua dimora abita l'uomo' e dunque preservare le parole preserva l'esperienza. Pensare in modo chiaro è il primo passo per una rinascita politica”. La disillusione nei confronti delle ideologie dimostra la passione per l'uomo e la sua libertà. “Quello di Orwell – conclude Rialti – è un viaggio cupo e doloroso per 'uscire a riveder le stelle', per suscitare nel lettore una reazione: la libertà di decidere cosa fare”. Per riscoprire la natura umana, per affermare il ritorno allo stato umano da quello infernale.

VITTORIO BERTONI 28 apr 2018 10:39