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Bassano Bresciano
di SERGIO ARRIGOTTI 06 ago 2020 09:57

Don Pochetti: Avvicinarsi meglio a Dio

Don Piero Pochetti è il nuovo parroco di S. Michele Arcangelo a Bassano Bresciano. Classe 1956, don Piero è originario della parrocchia di Rovato. Ordinato nel 1980, ha ricoperto gli incarichi di curato a Borgo San Giacomo (1980-1982), curato a Castrezzato (1982-1988), curato a Travagliato (1988-1996), parroco di Torchiera e di Chiesuola dal 1996 al 2003, parroco di Mazzano dal 2003 al 2016; dal 2016 ad oggi parroco di Mairano.

Perché ha scelto di diventare sacerdote?

Io sono diventato prete per cercare di fare qualcosa di buono alle persone. Qualcosa che non finisse con la morte, che potesse andare oltre. E vado avanti sempre con questa fede. E in ogni caso a fare del bene non si sbaglia mai.

Cosa è stato determinante nella sua scelta vocazionale?

È importante rispondere di sì, ogni volta che si arriva ad un bivio. Bisogna sempre rilanciare e ricominciare. Nella mia vita ho avuto tanti momenti di bivio in cui scegliere, e non sono ancora finiti.

Lei è stato in tante comunità: cosa ha imparato in questi anni di ministero?

Ho imparato che dovunque vai trovi gente che vale la pena di incontrare. Tutte le volte è una sorpresa: ci sono persone straordinarie, che emergono e si conoscono poco per volta. E ogni volta mi pare di avere tutto da imparare. Pensi di aver capito, e invece devi ancora imparare.

C’è un filo comune tra le comunità in cui è stato?

L’esperienza non è mai uguale. Ogni volta cerchi di ricominciare meglio, di evitare gli errori che hai fatto in passato. Ogni volta è come ricominciare l’anno scolastico, parti sempre con i buoni propositi. Ogni paese ti chiede tutto. Ci sono esigenze amministrative, aspettative, anche alte, a volte troppo. Io cerco di riuscire a fare almeno il prete. E di dare sempre qualcosa di più di quello che si aspettano.

Quali sono le attenzioni pastorali sulle quali vuole insistere?

È prematuro. Io arrivo in una comunità di cui non conosco niente, arrivo come un immigrato sbarcato dal barcone, mi devo guardare in giro, aprire canali di comunicazione. Per prima cosa devo vedere il paese. E poi mi metterò in ascolto: se si fa qualcosa, lo si fa insieme alle persone di buona volontà. Ci metteremo in cammino insieme. Per prima cosa bisognerà trovare il passo. In tutte le comunità bisogna capirsi, trovare l’intesa: è una fase importante che non puoi saltare. La parrocchia è proprio vivere in una comunità. Le persone sono importanti: valgono più di tutto.

L’emergenza Covid cosa ha comportato per la sua esperienza pastorale?

Le celebrazioni in questo periodo sono state fatte in comunione di spirito. I fedeli non potevano esserci, ma era importante far sapere che la messa c’era, far sapere con le campane che era morto qualcuno, è stato un incoraggiamento a distanza. Le persone erano nella bufera, isolate nella nebbia della chiusura, ma la comunità c’era ancora. Spero che abbia portato incoraggiamento. I social, le registrazioni, hanno tenuto un collegamento: la comunità serve, è una risorsa, porta speranza.

C’è un versetto del Vangelo che le è particolarmente caro, che l’ha accompagnata in questi anni?

Il Vangelo è sempre una sorpresa. Ma più che un versetto l’immagine del Vangelo che più si addice a me è quella dell’asino su cui Gesù fa il suo ingresso in Gerusalemme. Il mio compito come prete è portare Gesù, la gente deve guardare Gesù, io come un asino porto il Signore.

Ci sono figure di Santi a cui si ispira?

Io sono uno che ruba moltissimo ai Santi. Per esempio a San Giovanni Bosco, ho rubato la sua invocazione ad avere pazienza con i ragazzi. A Padre Pio ho chiesto di insegnarmi a dire Messa. Padre Pio diceva che se i cristiani capissero cosa davvero è la Messa occorrerebbero i Carabinieri per riuscire a tenerli fuori dalla chiesa. A San Michele Arcangelo, chiedo di dare un’occhiata ai ragazzi, di proteggerli. Appena c’è un Santo io prendo da lui quello che occorre. I Santi non li lascio in pace. Faccio l’accattone, l’approfittatore: devono darmi ciò che serve. E poi chi ha le qualità, ama donarle. Per ottenere le grazie, bisogna domandarle. Io chiedo ai Santi qualcosa che aiuti ad avvicinare meglio a Dio.

SERGIO ARRIGOTTI 06 ago 2020 09:57