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Travagliato
di EUGENIO FALSINA 02 apr 2020 08:19

Quarantore senza popolo

A causa del coronavirus, per la seconda volta dalla sua plurisecolare storia, le celebrazioni delle Quarantore a Travagliato non si svolgeranno in presenza del popolo

Tradizione antichissima quella delle Quarantore, risalente al Medioevo e localmente forse fin dal Cinquecento, sicuramente radicata nel corso del Seicento, la quale fa memoria delle 40 ore in cui il Cristo giacque morto nel sepolcro.

Lo scenografico seicentesco apparato, (I Scalù) simboleggiante la scala che sale in cielo sognata dal Patriarca Giacobbe, quest’anno non verrà allestito e le celebrazioni religiose verranno ridotte e senza la presenza dei fedeli.

Il rammarico è grande sia da parte dei volontari  che lo allestivano e, non di meno, di tutta la popolazione assai legata e partecipativa alle celebrazioni che hanno inizio la domenica delle Palme  con una solenne processione eucaristica per le vie del paese e terminano con la processione e benedizione di chiusura la sera del martedì santo.

Stesse limitazioni si ebbero nella primavera del 1902  a causa di un’infezione vaiolosa che colpì proprio a cavallo della settimana santa. Era la nona volta, per quanto ne sappiamo noi, che tale infezione colpiva Travagliato e, tutto sommato, se paragonata a quelle che la precedettero, fu un’infezione  leggera dal momento che tra il 4 marzo e il 15 maggio fece “solo”  18 vittime. Il contenimento del numero delle vittime fu grazie alla vaccinazione (cosa che purtroppo non abbiamo ancora riguardo il coronavirus) su larga scala. Infatti, come lasciò scritto l’arciprete don Eugenio Cassaghi, a marzo del 1902 “ i vaccinati sono 4.327, ne mancano ancora 600”.

Anche allora vennero proibiti gli assembramenti, ma tale proibizione – come lasciò scritto in una dettagliata ed interessantissima memoria l’arciprete – “il popolo si indignò altamente, la giudicò un’ingiustizia, un’offesa alla fede, un insulto alla pietà…”.

L’indignazione spinse i più agitati a “dare la caccia” a colui che aveva imposto le restrizioni, il dottor Costanzo Rossi il quale, prudentemente, non si rese reperibile.

Non contenti improvvisarono una manifestazione in piazza con conseguente scardinamento della portella della torre civica per suonare le campane a distesa unitamente a quelle del campanile della parrocchiale.

A scatenare il tutto furono in particolare le limitazioni degli orari di apertura della chiesa e la proibizione di radunarsi nei pressi delle santelle a pregare “mentre lasciano aperte le filande e le osterie” fu la protesta non senza una sensata ragione.

Grazie ai buoni uffici dell’arciprete che si dimostrò, da uomo colto e saggio qual era, assai più sensato degli amministratori locali e delle autorità provinciali le quali, fra l’altro, lo citarono in giudizio con l’accusa di non avere ottemperato alle disposizioni (accusa che cadde miseramente per evidente malanimo nei suoi confronti di chi lo aveva denunciato), la manifestazione ebbe termine con lo sfogo del suono delle campane e così alla fine tutto si riappacificò.

Oggi, forti dell’esperienza del passato, siamo più rispettosi delle restrizioni imposte dalla contingenza del momento.

Con l’augurio che “tutto andrà bene” e la speranza, al più presto possibile.

EUGENIO FALSINA 02 apr 2020 08:19