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Brescia
di MASSIMO VENTURELLI 07 nov 2025 06:30

Brescia: credere nell'Europa per costruire la pace

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Ai venti di guerra, quello russo-ucraino prima e quello israelo-palestinese poi, che hanno portato conflitti e violenza, in tutte le sue forme, fuori dalla porta dell’Europa, richiamando l’Unione europea a un ruolo pacificatore fondamentale e alle sfide urgenti che il Vecchio continente dovrà affrontare, è dedicata l’edizione 2025 del Festival della Pace della città di Brescia che prende il via oggi, alle 17.30 nel salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia alla presenza di Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo. Il festiva che proseguirà sino al 23 novembre con un programma di oltre 100 eventi, è stato organizzato per la prima volta dal Comune e da tantissime realtà interessate al tema, ormai otto anni fa. A presiedere, sin dalla prima edizione, il comitato scientifico responsabile della manifestazione è la figura del presidente del Consiglio Comunale di Brescia. Roberto Rossini, che ha “ereditato” nel 2023 questo impegno da Roberto Cammarata, spiega, in questa intervista, le ragioni del tema scelto e la costante crescita, in termini di attenzione e di partecipazione che il Festival ha conosciuto, edizione dopo edizione.

Perché avete scelto di dedicare il Festival 2025 all'Europa?

La scelta ha preso le mosse dalla constatazione che l’Europa, considerata luogo ideale, depositario della democrazia, dei diritti e dell’attenzione al sociale, sta mostrando tutta la sua difficoltà dinanzi alle sfide poste dalla contemporaneità. Molte, infatti, sono oggi le palesi criticità che l’Unione manifesta, dovute principalmente a quel processo unitario mai portato a effettivo compimento. Manca una convergenza sui temi del diritto, così come i confini e il loro allargamento sono un tema non del tutto risolto, per non parlare del tema sicurezza, posto con forza dai conflitti in corso alle porte dei confini europei, che tuttora non prevede una difesa comune.

Non è la prima volta, dalla fine della Seconda guerra mondiale, che venti di guerra sibilano vicino al cuore dell’Europa. Perché solo oggi la mettono in crisi?

L’Europa non aveva negli anni della guerra nei Balcani una diplomazia propria, era priva di eserciti e di politiche di difesa comunitarie. Eppure quel conflitto, che era strettamente regionale, non mise in luce la fragilità della costruzione europea. Oggi quello in corso tra Russia e Ucraina, con le minacce di Putin di allargarlo anche ai Paesi che sostengono Zelensky, ha reso evidenti i limiti di un’Europa che fatica a camminare insieme, alla stessa velocità e nella stessa direzione, sul tema delle risposte da mettere in campo nei confronti della Russia e, più in generale, sulla necessità di avviare una seria riflessione comune e condivisa in tema di difesa e di diplomazia. L’Europa, da questo punto di vista, è ancora una realtà incompiuta e la stagione che stiamo vivendo sta purtroppo dimostrando quanto questo limite sia pericoloso.

Oggi quello della pace sembra essere un tema che divide. Perché?

Sì, effettivamente quello della pace oggi è sicuramente un tema che divide. Se non è divisivo per quanto riguarda l’idea che la pace sia ancora un valore, lo è sicuramente rispetto ai mezzi per ritenuti idonei per raggiungerla. Semplificando le diverse posizioni in campo, è evidente che c’è chi ritiene che la pace possa essere perseguita solo con il ricorso alle armi e chi continua, tenacemente, a credere nell’opzione non violenta. Nel mezzo, poi, ci sono tutti quelli che, a seconda delle situazioni, si schierano di volta in volta per una delle due opzioni. Come Festival della Pace abbiamo scelto di mettere in luce, sin dalla prima edizione, la forza e l’importanza dell’opzione non violenta e della diplomazia. La pace, mi pare di poter dire in sintesi, la vogliono tutti, quello che divide è la lettura delle diverse situazioni.

Presentandolo nei giorni scorsi avete parlato del Festival della Pace come di un’occasione per verificare se i valori su cui nacque più di 80 anni fa il progetto di un’Europa unita siano ancora validi oggi. Quali sono questi valori e come vengono declinati a Brescia?

I valori a cui pensiamo sono quelli dello stato di diritto, della libertà, dello stato sociale, delle istituzioni liberali, del dialogo tra le nazioni, della differenza come elemento unitivo (non a caso il motto dell’Europa è “uniti nelle differenze”). Sono valori per noi ancora validi e per i quali vale ancora la pena impegnarsi e, come stiamo facendo a Brescia.

Brescia, che non nasconde la sua vocazione di città europea, quale messaggio lancia con il Festival della Pace all'Europa oggi in difficoltà?

Il primo messaggio è che l’Europa non nasce dagli stati ma dalle città. Sono state queste, con la loro cultura, il loro modo di vivere, le scelte che hanno fatto a contribuire alla definizione di un’idea di Europa. Non a caso, La Pira sosteneva, con estrema chiarezza ed efficacia, che le città hanno avuto e continuano ad avere questo merito. Il secondo messaggio è che, davanti alla sfide che si vivono anche nel cuore della ricca Europa, bisogna difendere il valore della pace e della giustizia come elementi caratterizzanti la propria identità. Quell’“uniti nelle diversità” scelto dai padri fondatori era molto più di uno slogan efficace. Con il Festival vogliamo ribadire, poi, che la pace non si raggiunge con la omogeneizzazione delle diverse culture, ma come diceva Paolo VI, dal confronto serio, onesto, basato sulla realtà. L’Europa ha tutte le carte in regola per ambire a questi traguardi.

Il Festival vivrà tra qualche giorno la sua ottava edizione. Ha contribuito nel corso degli anni a fare crescere la cultura della pace a Brescia?

Questa è una bella domanda. Non abbiamo strumenti scientifici per misurarne la crescita. L’unico elemento di certezza che abbiamo e che certifica il cammino compiuto è il numero di enti aderenti al Festival che è cresciuto di anno in anno, così come la quantità e la qualità degli eventi messi in programma e il numero delle persone che li seguono. Oggi il Festival non è più una manifestazione del Comune, ma dell'intera città che partecipa alla sua realizzazione. Perciò, bisogna riconoscere che, negli anni, ha contribuito alla crescita e alla diffusione della la cultura della pace tra i bresciani.

MASSIMO VENTURELLI 07 nov 2025 06:30