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Brescia
di GIULIO REZZOLA 26 mag 2022 08:55

Un ambiente dignitoso aiuta l'integrazione

Don Raffaele Licini è arrivato a San Benedetto Abate nel 2019. Una parrocchia nata nel 1952 in un quartiere che allora era la prima periferia industriale della città con le grandi fabbriche della Breda meccanica, le acciaierie Togni, la Tempini, la chimica Caffaro, lo scalo commerciale delle Ferrovie dello stato. Una parrocchia inserita quindi in un contesto particolare che nel tempo ha trasformato la sua popolazione da “operaia” a residenza, diciamo, del ceto medio.

Una comunità multietnica, composta principalmente da famiglie provenienti dall’est Europa, che per don Raffaele appare “congelata, come messa in freezer”. “Le esperienze di fede – dice – trasmettono la passione di essere protagonisti per gli altri. Qui la comunità è invece chiusa, individuale. Ci vorrebbe la liturgia vera, rivitalizzare il nostro ambiente con una nuova coscienza di partecipazione”. Ed è proprio il termine “ambiente” il filo conduttore della sua visione di missione. Ambiente come vita sociale, come rapporto tra le persone ma per prima cosa quello della natura, il bello nella sua essenza. “Perché un ambiente dignitoso aiuta ad integrarsi. Una città è bella non perché è bello il suo centro. Perché il bello comincia nella periferia. L’ambiente pulito fa respirare, insieme!”. Il tema è talmente prioritario per don Raffaele che ha provato anche ad acquisire circa 20mila metri quadri di verde attorno alla parrocchia ma sono tutti privati ed è difficile ottenerli. Intanto, con i lavori di ristrutturazione della chiesa ha creato un splendida aiuola di fiori e aspetta solo di ripristinare il parco che accede al sagrato. Altro fattore di ricchezza per il quartiere è la “ricaduta sociale straordinaria” di cui gode con la presenza del consorzio Solco e di altre importanti realtà associative ma pecca di partecipazione alla vita parrocchiale. “I giovani non vengono più, ho solo 19 iscritti alla catechesi, le famiglie portano i figli da altre parti per il catechismo o per i grest perché le loro scuole sono altrove. È necessario scongelare questa tendenza ma per far vivere la comunità ci vuole chi accoglie”. E anche mettere servizi a disposizione. Don Raffaele sta per esempio rimettendo mano al teatro parrocchiale; vuole implementare la partecipazione al “doposcuola” del progetto dell’assessorato comunale alla Politiche giovanili “Vivi il Quartiere” coordinato dal Centro oratori bresciani; ha programmato un Grest di 6 settimane; pensa ad una scuola calcio per bambini di tutte le etnie affiancati da un valido gruppo di educatori. “L’oratorio non è della parrocchia, è della comunità – afferma –. E ogni iniziativa che viene proposta non deve essere per me stesso ma per gli altri”.

GIULIO REZZOLA 26 mag 2022 08:55