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Brescia
di MARGHERITA BOTTA 01 mar 2024 09:35

Quarant’anni con il popolo Karimojong

Quarant’anni fa partiva da Roncadelle un giovane perito agrario per recarsi nel villaggio di Namalu in Uganda. L’organizzazione bresciana S.V.I. (Servizio Volontario Internazionale – ora NO-ONE-OUT) aveva avviato un progetto agricolo con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita dei contadini attraverso l’introduzione di nuove tecniche agricole e di nuovi strumenti di lavoro e Giuliano Consoli aveva aderito a questa iniziativa. Prima di arrivare a Namalu, Giuliano viene “spedito” per tre mesi in Inghilterra ad imparare l’inglese che è lingua ufficiale dell’Uganda. Poi segue anche un corso di lingua Karimojong, parlata dalla omonima tribù che abita la regione del Karamoja. In quegli anni l’Uganda vive continui conflitti tra etnie diverse ed è teatro di vari colpi di stato. Ogni giorno la popolazione e i volontari sono esposti al pericolo dei militari, dei razziatori delle vicine tribù, dei ladri. Oltre a questo, il clima e le malattie endemiche (prima fra tutte la malaria) sono una compagnia quotidiana.

Incontriamo Giuliano nella casetta che ha costruito in modo tradizionale. “Il progetto – sottolinea – per cui sono stato inviato prevedeva, oltre alla formazione degli agricoltori, l’introduzione di trattori che avrebbero aiutato nelle coltivazioni e permesso di aumentare la produzione. Ben presto ci siamo accorti che il passo era troppo lungo per chi ancora preparava il terreno per la semina con la zappa. Inoltre i contadini non avevano le risorse economiche per poter gestire mezzi meccanici che richiedevano manutenzioni e ricambi. Abbiamo così introdotto l’aratura con i buoi e la costruzione e uso di carri agricoli in legno, e questo ha funzionato. Oggi ci sono anche i trattori, ma molti contadini usano i buoi perché meno costosi e più alla loro portata. La produzione è aumentata e, con tecniche migliorative dei granai locali (grosse ceste intrecciate ove custodire il sorgo, il mais o il miglio), anche la maggior conservazione ha permesso di avere più cibo a disposizione”.

Come era il tuo rapporto con la gente? “Nel 1987 ho sposato una ragazza Karimojong; questo poteva costituire un fatto per cui sentirmi più integrato e accolto, ma avevo capito che avrei dovuto conoscere e ‘entrare’ più a fondo nella loro cultura se volevo davvero essere d’aiuto e poter essere ascoltato”. Oggi molte cose sono cambiate. Il nostro gruppetto ha portato alcune valigie di indumenti e anche offerte. Nella visita alla scuola primaria di Namalu, che è in condizioni piuttosto brutte, propongo a Giuliano e alla Suora responsabile, di portare dall’Italia una squadra di giovani che, durante il prossimo Natale, si incarichi di ritinteggiare alcune aule. Nasce il progetto P.T our Dove P sta per Primary school (la scuole elementare) e Tour per una visita in Uganda; e P.Tour perché andremo a stuccare, pulire e “PiTtOURare” le aule. Possiamo anche noi fare un gesto di vicinanza e di aiuto.

MARGHERITA BOTTA 01 mar 2024 09:35