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Breno
di LINDA BRESSANELLI 31 lug 2018 09:35

Valcamonica–Alto Sebino, Riserva Unesco

Hanno fatto esultare ed emozionare, quelle poche righe su carta intestata del Ministero dell’Ambiente che annunciavano la proclamazione, nel corso della 30esima assemblea generale dell’Unesco, della Vallecamonica – Alto Sebino “Riserva della Biosfera Unesco”

La notizia, in Comunità Montana e al Parco dell’Adamello, era talmente attesa che appena è arrivata la comunicazione ufficiale dall’Indonesia è iniziato il tam-tam sui social.

Hanno fatto esultare ed emozionare, quelle poche righe su carta intestata del Ministero dell’Ambiente che annunciavano la proclamazione, nel corso della 30esima assemblea generale dell’Unesco, della Vallecamonica – Alto Sebino “Riserva della Biosfera Unesco”. Oltre alla nostra Valle sono stati riconosciuti Riserva Mab (Man and the Biosphere) il Ticino Val Grande Verbano e il Monte Peglia.

Ma cosa vuol dire? Come si deve porre il territorio camuno-sebino - e quindi italiano - di fronte a tale riconoscimento a livello internazionale? Queste riserve rappresentano un modello di convivenza tra l’uomo e l’ambiente, un modello di sviluppo sostenibile. Il programma Mab dell’Unesco ha infatti la finalità di creare una rete mondiale di riserve della Biosfera, dei veri e propri laboratori territoriali in grado di sperimentare ed esportare modelli economici e sociali compatibili con la conservazione della biodiversità, in quanto fondati sull’utilizzo sostenibile delle risorse ambientali. È importante il contributo di tutti per mantenere alta la qualità della vita e la qualità della biodiversità dei territori realizzando punto per punto in dieci anni il piano d’azione allegato alla candidatura.

Le parole chiave sono: la conservazione, lo sviluppo e il supporto scientifico. Nel candidarsi la Vallecamonica ha proposto, ricollegandosi a questi tre temi, delle aree: i territori che contribuiscono alla conservazione delle specie e della diversità genetica, dei paesaggi e degli ecosistemi, ovvero le aree protette, di cui la Valle è coperta al 60%; le buffer zone, aree di sviluppo “cuscinetto” che circondano le aree di conservazione (un esempio è il Parco regionale Adamello, che circonda il Parco naturale dell’Adamello); e le aree di supporto, zone in cui viene incoraggiato lo sviluppo economico, culturale e sociale in un’ottica sostenibile per l’uomo e per la natura. Sarà proprio qui che il territorio - a partire dalla politica locale, passando per gli enti, le associazioni, gli imprenditori e i privati cittadini - dovrà giocare bene le carte a disposizione. Le aree di supporto costituiscono il 52% del territorio, e in genere sono aree di fondovalle e zone dove svolgere attività tradizionali. Ma bisogna far sì che si proceda in un’ottica di sviluppo economico sostenibile. Tradotto: sperimentare, avanzare soluzioni innovative per gestire al meglio le risorse non solo in termini economici e di profitto, ma anche in termini ambientali e culturali, da tramandare anche alle prossime generazioni. È per questo che il riconoscimento Mab non va inteso come un protocollo al quale sottostare, né come una targa da appendere a impolverarsi. L’Unesco l’ha assegnato alla Valle, e con esso le permette di aumentare la visibilità del territorio e le sue opportunità. Sta però ai cittadini e alle comunità locali contribuire alla corretta gestione condivisa e partecipata della Riserva della Biosfera, concentrandosi soprattutto sulla convivenza armonica tra uomo e ambiente.

Il gruppo di lavoro che ha portato avanti per due anni l’iter fino a ottenere il riconoscimento, del quale il direttore del Parco dell’Adamello Dario Furlanetto è la principale mente e “motore”, tiene a sottolineare come l’area Mab non porrà alcun nuovo vincolo al territorio camuno. Lo proietterà invece sotto a un grande riflettore che lo renderà visibile al mondo: a luci accese è importante sapersi muovere sul palco se si vogliono ricevere applausi.

LINDA BRESSANELLI 31 lug 2018 09:35