Crepet e il resto di pensare
Nella complessità del mondo di oggi lo psichiatra ha assunto un ruolo sempre più di riferimento per la nostra società. La dimostrazione l’ha data il pubblico accorso in massa al Teatro Clerici, venerdì 5 dicembre, per “assistere” allo spettacolo “Il reato di pensare”, con protagonista lo psichiatra (ma anche sociologo, saggista, scrittore ed opinionista) Paolo Crepet.
2200 persone, adulti e in particolare genitori ma anche qualche giovane, con le quote rosa in maggioranza, sono state letteralmente catturate dalle parole di Paolo Crepet, che ha offerto un monologo intenso ma scorrevole e coinvolgente, dispensando suggerimenti, opinioni, racconti, battute per oltre un’ora e trenta, prima di tuffarsi in un lunghissimo firma copie. 74 anni ben portati Paolo Crepet nel corso degli anni ha consolidato e ampliato le sue conoscenze, diventando anche molto noto grazie ai suoi libri e alle sue apparizioni televisive su temi vari, a dimostrazione della necessità per le persone di un sostegno, magari anche solo a livello di opinione o suggerimento, nelle diverse situazioni della vita. Paolo Crepet ha iniziato citando i Doors ed ha concluso suggerendo di andare a rileggere il testo di “Stairway to Heaven” autentico capolavoro dei Led Zeppelin. Molte parole su molti temi, a partire dalla dipendenza dai social dei nostri ragazzi (e non solo). “In Australia i ragazzi di 16 anni non possono usare i social. Come si fa a vivere senza i social, dicono i ragazzi. In questo modo si tocca con mano il livello di dipendenza raggiunto. Sapete che negli ultimi due decenni il Quoziente Intellettivo è calato drasticamente? Stiamo diventando tutti un po’ più stupidi”. “Negli Stati Uniti ci sono delle app che attraverso le calze indicano se un figlio ha la febbre! Ormai c’è la fobia del controllo, il Registro Elettronico a scuola, telecamere dappertutto. Il genitore politicamente corretto è una cosa da gastrite”.
Un altro cavallo di battaglia di Crepet è il giovanilismo dei genitori, come quelli che si buttano a capofitto dallo scivolo ripidissimo di Gardaland solo perché lo ha chiesto il figlio. Eppure – ricorda Crepet – Brescia è una provincia dove le aziende sono cresciute grazie all’intraprendenza, alla fantasia e alla determinazione di grandi imprenditori. “Sapete che quando l’azienda passa ai figli in un caso su 3 fallisce? Sapete che Steve Jobs è venuto in Italia, ad Ivrea, alla Olivetti per studiare come fare impresa?”. Ci sono poi quei figli già abbastanza cresciuti e apparentemente emancipati che ancora necessitano (o sono i genitori a ritenersi necessari?) di qualcuno che porti loro le valigie sul treno. Sullo sfondo del suo discorso emerge l’idea che ci si debba fermarsi a pensare, a ragionare sulle cose, a non affidarsi necessariamente alla AI pretendendo da essa risposte esistenziali. C’è la necessità di recuperare il desiderio di spiritualità, di umanità, perché la vita vera non è come quella della Silicon Valley, dove si lavora 20 ore al giorno per la carriera. C’è bisogno di gustare le cose belle della vita, un tramonto, una pasta al sugo da mangiare nelle trattorie di provincia. “La storia l’hanno fatta gli strani, non i perfetti. Il mondo oggi vorrebbe tutto perfetto, ma come diceva Oliviero Toscani la perfezione è triste, le modelle perfette sono tristi (e sfigate) perché il troppo bello è triste. Il difetto invece fa il gusto, come il panettone, che è nato da un difetto. “Se ci tolgono anche il panettone cosa mangiamo, alghe portate da Amazon?”.
Paolo Crepet si è rivelato un autentico mattatore, uno show man, capace di tenere sempre desto il pubblico raccontando aneddoti e facendo domande retoriche a cui nessuno in platea naturalmente rispondeva. “Ora c’è la pedalata assistita, ma perché dobbiamo essere assistiti anche quando andiamo in bicicletta?”. “E’ un mondo contraddittorio, bisogna crescere leggendo, informandosi ed avere delle opinioni. Avere opinioni vuol dire avere una visione, non significa andare d’accordo con gli altri”. “Nonostante tutti i difetti il nostro mondo è bello, siamo nati da una società contadina, povera, dove i nostri padri andavano a lavorare nelle fabbriche e campavano 60 anni, ma ora che abbiamo la Jacuzzi in casa siamo più felici? Il progresso uccide ogni volta la scoperta precedente, le macchine da scrivere hanno ucciso le stilografiche e il computer ha ucciso la macchina scrivere”.
Una serata nella quale non sono state date risposte ma è stata dettata una via da seguire, la via della persona, dell’umano, che nonostante tutte le difficoltà e le fatiche può condurre ad una vita piena e soddisfacente. I ragazzi non devono misurarsi la depressione ma devono entrare con slancio nella loro esistenza e viverla senza timore. “La vita è piena di inciampi, non bisogna nascondere che si può anche soffrire e piangere. Non dobbiamo rinunciare a pensare, abbiamo diritto di pensare con la nostra testa. Facendo le cose che gli altri non fanno si diventa differenti, non diversi. E’ un diritto salvaguardare la nostra libertà. Finché c’è voglia di cambiare le cose c’è libertà e felicità, non lasciamolo fare agli altri, ora tocca a noi”.
@Dalla pagina Facebook di Crepet