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Brescia
di M. TONINELLI 12 feb 2015 00:00

Tolkien, l'uomo che raccontò la Grazia

Il successo che ha riscontrato il terzo film tratto da “Lo Hobbit” diventa occasione per conoscere da vicino il romanziere nato in Sudafrica nel 1892

Il grande successo che sta riscontrando in queste settimane il film “Lo Hobbit. La battaglia delle cinque armate” riporta in auge la figura dell’autore del romanzo da cui sono stati tratti i tre film. Indagare, però, il lavoro di romanziere di John Ronald Ruel Tolkien significa fargli un dispiacere. L’indagine scientifica infatti presuppone che si metta mano alle sue creazioni, o sub-creazioni. L’analisi proprio non gli è gradita come si esprime in una lettera del 1971: “Molti lettori (suppongo) vorranno ‘criticarlo’ e persino analizzarlo […]. Non che io condivida questa disposizione alla critica: come dovrebbe risultare chiaro dal vol. I, pag 272: Gandalf: ‘Colui che rompe una cosa per scoprire com’è fatta ha abbandonato il sentiero della saggezza’.

Ma proprio dall’epistolario (reperibile nel volume “La realtà in trasparenza. Lettere 1914-1973”) che tenne con amici, parenti e lettori si conosce molto di più e meglio ciò che sta dietro questo mondo. Parlare di Tolkien e, in modo particolare de “Il Signore degli anelli”, è parlare di un professore universitario che a metà degli anni cinquanta del secolo scorso ha alzato un grido, un grido privato, che ha però intercettato il respiro dell’anima di molti, divenendo uno dei libri più venduti e apprezzati al mondo. Un canto che parla all’uomo moderno, che offre risposte alle questioni più profonde e che accompagnano ancora il suo peregrinare su questa terra.

John Ronald Ruel Tolkien nasce in Sudafrica nel 1892 da genitori inglesi. Il padre presto torna in Inghilterra. Nel 1895 la madre, Mabel, decide di raggiungerlo con il piccolo. All’arrivo in Gran Bretagna ne scopriranno la morte. Nel 1908 Mabel muore in ristrettezze economiche. La famiglia d’origine l’ha abbandonata e privata di tutti i beni dopo la conversione al cattolicesimo. Per una famiglia importante anglicana era un disonore che la propria figlia si convertisse. Il piccolo Tolkien viene affidato alla tutela di padre Francis Morgan, sacerdote cattolico. Nel 1915 si laurea a Oxford in lingue e letteratura inglese. L’anno dopo si sposa con Edith e poi parte per il fronte francese per la Prima guerra mondiale. Ci sta poco. Malato viene fatto rientrare. Comincerà la sua carriera di insegnante e, a fianco, prende avvio la sua mitologia.

Nel 1937 pubblica “Lo Hobbit”. Dalla richiesta del suo editore di scrivere un continuo alle avventure di Bilbo, protagonista del primo romanzo, nascerà il capolavoro: “Il Signore degli Anelli”. Le sue opere hanno subito alterne vicende e disparate interpretazioni. Anche in Italia, dove il romanzo giunse negli anni ’70. È stata proprio la pubblicazione dell’epistolario la chiave di lettura di queste storie che sembrano lontane dal mondo contemporaneo e invece parlano all’anima; alcune corde vibrano nel profondo, prima ancora di capirne il perché.

E si può scoprire così come il professore andasse a messa quotidianamente, come guardasse il mondo con occhi cattolici e raccontasse questo nei suoi libri. Un po’ come un uomo sposato. Non parla sempre di matrimonio ma guarda il mondo con occhi da marito. In una lettera datata 2 dicembre 1953, in risposta all’amico padre Murray, Tolkien scrive: “Il Signore degli Anelli è fondamentalmente un’opera religiosa e cattolica; all’inizio non ne ero consapevole, lo sono diventato durante la correzione. Questo spiega perché non ho inserito, anzi ho tagliato, praticamente qualsiasi allusione a cose tipo la religione, oppure culti o pratiche, nel mio mondo immaginario. Perché l’elemento religioso è radicato nella storia e nel simbolismo. […] Io consciamente ho programmato molto poco; e dovrei essere sommamente grato per essere stato allevato (da quando avevo otto anni) in una fede che mi ha nutrito e mi ha insegnato tutto quel poco che so; e questo lo debbo a mia madre, che ha tenuto duro dopo essersi convertita ed è morta giovane”.
Da qui parte un viaggio che porta il lettore a scoprire qualcosa di più di quelle vibrazioni sentite durante la lettura. Nella lettera inviatagli, padre Murray scriveva che il libro gli aveva lasciato una forte sensazione di “una positiva compatibilità con la dottrina della Grazia”.
Dove la G maiuscola non è un errore di battitura. E tutto questo non è che l’inizio, per chi volesse approfondire.
M. TONINELLI 12 feb 2015 00:00