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di FRANCESCO PROVINCIALI 09 dic 2022 09:30

Cure palliative: servizio alla vita

Le cure palliative sono volte a garantire la qualità della vita del paziente e dei suoi familiari: il documento diffuso nelle scorse settimane dalla Pontificia Accademia per la vita sottolinea l’importanza della dignità della persona anche nelle fasi terminali della vita. Perché è importante ricordare non solo i malati terminali ma anche gli anziani?

Gli anziani sono una parte “debole” della nostra società, insieme ai malati, ai minori e ai bambini. Tuttavia è importante effettuare delle distinzioni. Non tutti gli anziani sono malati, anzi. E non tutti i malati sono anziani: anche qui non dobbiamo cadere nelle facili generalizzazioni. Allora una società che voglia dirsi umana e civile, all’altezza dei nostri tempi, deve prendersi cura di tutta la popolazione e soprattutto delle fasce più deboli, di chi da solo “non ce la fa”.

Come sono cambiate nel tempo?

L’accesso alle Cure Palliative arriva al momento della diagnosi quando si prevede che la malattia conduca al decesso in un tempo medio o breve. Esse possono essere integrate nell’assistenza anche quando si somministrano terapie che intendono modificare il decorso della patologia in atto. Quindi sarebbe auspicabile impostare un approccio palliativo prima di trovarsi nella fase finale, quando non si impiegano più le terapie che si utilizzano per guarire o fermare la malattia. È questa la cultura nuova delle Cure Palliative che la Pontificia Accademia per la Vita promuove e ha sintetizzato nel “Libro Bianco per la Promozione e la Diffusione delle Cure Palliative nel mondo”, pubblicato nel 2019, redatto da un gruppo di 14 esperti internazionali. Pubblicato prima in inglese, poi in italiano, tedesco e presto in spagnolo e portoghese, il volume è un punto di arrivo – e di ripartenza – per tutte le categorie di persone coinvolte, senza dimenticare le Facoltà di Medicina, gli operatori sanitari, le Università.

Consideriamo il rapporto tra cure palliative e territorio per evidenziare l’importanza dell’hospice come luogo protetto per il fine vita e dell’assistenza domiciliare come supporto quotidiano al difficile ruolo del caregiver e strumento di continuità di cura. Quali frontiere ci attendono?

Per l’Italia, abbiamo visto nella pandemia gli effetti negativi di una medicina o di un’assistenza sanitaria che, ad esempio, ha collocato gli anziani nelle Rsa, staccandoli dal loro territorio, dalla loro casa, dal loro ambiente. C’è da dire che su 14 milioni di ultrassessantacinquenni, in Italia, di cui 7 milioni dai 75 anni in su, il sistema delle Rsa si occupa direttamente di 200mila anziani. Ecco perché è necessario non smantellarle, ma potenziare in maniera nuova tutto il sistema di assistenza. In base a un principio semplice: vivere in casa propria fin quando è possibile. E certo si può realizzare l’obiettivo attraverso una rete di servizi che gravitano intorno alla persona anziana e al suo mondo, per non lasciarla sola.

È ricorrente nelle argomentazioni della Pontificia Accademia per la vita sottolineare l’importanza di non confondere il concetto di sedazione palliativa con quello di eutanasia.

Sono due operazioni completamente diverse. La Pontificia Accademia per la Vita, in linea con i documenti del magistero ecclesiale e con le più recenti acquisizioni della medicina, è a favore delle Cure Palliative. La Chiesa dal canto suo si esprime a favore della cura e del prendersi cura della persona malata nelle situazioni di bisogno in cui si trova, rigettando l’eutanasia. Questo non significa che alcuni trattamenti, anche di sostegno vitale possano essere rifiutati o sospesi, cioè quando si tratta di ostinazione irragionevole (accanimento terapeutico). In questo caso non si provoca la morte, ma si lascia che essa accada, in quanto momento ineluttabile e universale della condizione umana, in cui siamo tutti coinvolti. L’atto del morire deve avvenire in una maniera degna della persona umana. Per i credenti, la morte non è la fine definitiva dell’esistenza, è un passaggio verso una dimensione ulteriore, in base alla promessa del Vangelo, in cui crediamo fermamente.

La legge n. 38/2010, il pronunciamento del Comitato Nazionale di Bioetica e la legge 219/2017 definiscono la liceità etica e giuridica della sedazione palliativa profonda continua. Qual è la posizione della Pontificia Accademia per la vita?

La terapia del dolore è un obiettivo da perseguirsi con determinazione, anche se in passato non sono mancate ambiguità in ambito cattolico. Già Papa Pio XII aveva legittimato con chiarezza, distinguendola dall’eutanasia, la somministrazione di analgesici per alleviare dolori insopportabili non altrimenti trattabili, anche qualora, nella fase di morte imminente, fossero causa di un accorciamento della vita. Parole che il papa ha attualizzato nel messaggio che ci ha inviato per il convegno sulle cure palliative del 2018.

FRANCESCO PROVINCIALI 09 dic 2022 09:30