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Roma
di ELISABETTA GRAMOLINI 19 giu 2025 07:17

Parità genitoriale: Italia ultima in Europa

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È stata presentata a Roma l’indagine “State of Southern European Fathers” che confronta le realtà di Italia, Spagna e Portogallo rispetto al tema della paternità

Padri che vorrebbero essere tali. Gli uomini italiani, pur desiderando essere più presenti nella vita dei figli, si trovano ancora di fronte a significative barriere culturali e politiche che ne limitano la partecipazione attiva. Questa la fotografia scattata dall’indagine “State of Southern European Fathers” (Sosef), parte del progetto europeo EMinC, presentata ieri, a Roma nella sede dell’Ordine dei giornalisti. La survey ha confrontato le realtà di Italia, Spagna e Portogallo.

L’Italia, secondo i dati raccolti tra settembre e ottobre 2024 su 1.520 genitori con figli conviventi a Napoli, Barcellona e Coimbra, si posiziona come fanalino di coda in Europa per quanto riguarda la parità nella condivisione delle responsabilità di cura tra genitori.Sebbene i padri intervistati percepiscano un maggiore coinvolgimento nella cura dei figli, le madri, in particolare nel nostro Paese, continuano a riferire che la gran parte del carico di cura ricade ancora su di loro.

I principali ostacoli identificati includono la cronica mancanza di tempo dovuta agli impegni lavorativi e la persistenza di norme di genere tradizionali. Un dato significativo evidenzia come il 18% del campione italiano sia composto da casalinghe a tempo pieno, il doppio rispetto agli altri due Paesi. Inoltre, l’Italia è ultima per i congedi retribuiti riservati ai padri, con una vasta platea che ne è esclusa.

“I padri fanno di più oggi, ma l’Italia è comunque indietro in Europa", ha sottolineato, durante la presentazione a Roma, Annina Lubbock, sociologa delle pari opportunità e consulente del Centro per la salute delle bambine e dei bambini. Nonostante ciò, emerge un forte cambiamento culturale: il 75% dei padri e l’80% delle madri nei tre Paesi riconoscono l’importanza di una divisione paritetica delle responsabilità di cura. In più, il 20% di entrambi i genitori ritiene che siano le madri a impedire una partecipazione più equa dei padri.

A questo, si aggiunge che una percentuale elevata di genitori (68% dei padri e 71% delle madri) non è informata sui servizi di cura a pagamento disponibili; il 54% dei padri (64% in Italia) e il 32% delle madri non hanno preso tutto il congedo disponibile perché il partner stava già gestendo la cura a casa e che l’Italia mostra il più alto livello di disapprovazione percepita dalla comunità (lavoro e famiglia) rispetto all’estensione del congedo oltre il periodo obbligatorio, con solo il 39% dei padri che percepisce un ambiente molto favorevole. L’accesso ai servizi di cura all’infanzia e alle reti di supporto comunitario è disomogeneo, con lamentele sulla disponibilità, la qualità e il costo dei servizi, soprattutto quelli sovvenzionati pubblicamente. Il 64% dei padri e il 62% delle madri affermano che non ci sono opzioni di cura a pagamento pubbliche o private nel loro quartiere.

L’indagine evidenzia anche la disponibilità delle donne italiane a "rallentare la carriera" per dedicarsi ai figli:il 42% delle donne è propenso al part-time, contro il 29% degli uomini, spesso per necessità economiche. Tuttavia, un segnale positivo è l’aumento annuale nell’utilizzo dei congedi di paternità, seppur con marcate disparità regionali, dal 90% al Nord-Est a meno del 20% al Sud.

"Se il congedo matrimoniale di 15 giorni, in vigore dal 1937, è utilizzato dal 90% delle coppie senza mettere in crisi l’economia italiana, perché il congedo usato quando nasce un bambino dovrebbe farlo?”, ha chiesto in maniera provocatoria Barbara Vatta, project manager del Centro per la salute delle bambine e dei bambini, che rimarca come esista un “gap evidente di trattamento” tra uomini e donne, con un congedo di maternità tra i più lunghi d’Europa e quello di paternità tra i più corti.

“In Italia – ha affermato –, a fronte del congedo di maternità più lungo in Europa, si registra quello di paternità più corto, creando un evidente gap di trattamento tra uomini e donne. Le politiche che rafforzano i congedi per i padri si sono dimostrate efficaci nell’aumentare la partecipazione maschile nella cura dei figli. Per invertire questa rotta, è necessaria una trasformazione strutturale che parta da riforme politiche”. L'obiettivo, secondo Vatta è chiaro:

estendere il congedo per i padri, assicurando a medio termine un congedo obbligatorio e non trasferibile, pari a quello delle madri.

“Questo – continua – è essenziale non solo per la parità di genere, ma anche per riconoscere il ruolo cruciale del padre. Parallelamente, è fondamentale garantire una rete robusta di servizi per l’infanzia e per gli anziani, incentivare le aziende, incluse le piccole e medie imprese, a implementare politiche attive di conciliazione e promuovere esempi pubblici di padri attivamente coinvolti nella cura, come l’ex premier canadese”.

Foto Gramolini

ELISABETTA GRAMOLINI 19 giu 2025 07:17

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