Regione: protocollo contro la discriminazione

È stato siglato ieri presso Regione Lombardia il rinnovo del Protocollo d’intesa contro le discriminazioni di genere tra l’Ufficio delle Consigliere di Parità regionali e le parti sociali Cgil, Cisl e Uil.
Erano presenti le Consigliere di Parità regionali, Anna Maria Gandolfi e Valeria Gerla, unitamente ai Segretari generali, Valentina Cappelletti, Fabio Nava e Enrico Vizza.
La questione è importante perché anche in un territorio economicamente e socialmente avanzato come la Lombardia, nel mondo del lavoro permangono differenze significative: le donne guadagnano meno degli uomini (il gender pay gap medio è pari al 10,4%); ricorrono più frequentemente al part time (41%), spesso non volontariamente; si dimettono in numero preoccupante quando diventano madri (10.146 nel 2023 e 10.687 nel 2022, entro i 3 anni di vita del bambino). Per non parlare poi del grave problema delle molestie e delle violenze sui luoghi di lavoro: nel 2023 l’Inail ha registrato 6.813 casi in Italia, con un aumento del 14,6% rispetto all’anno precedente.
“Nonostante il protocollo precedente fosse scaduto, l’Ufficio della Consigliera di Parità regionale ha proseguito la collaborazione con le parti sociali perché la priorità è sempre stata quella di salvaguardare i posti di lavoro. Il nostro obiettivo non è di portare le aziende in giudizio, ma di rendere consapevoli i datori di lavoro che un clima di serenità ed equità può portare ad un incremento del profitto aziendale” - afferma la Consigliera Anna Maria Gandolfi.
“Con questo Protocollo – hanno dichiarato Cappelletti, Nava e Vizza - Cgil, Cisl e Uil riaffermano l’impegno per un lavoro giusto, inclusivo e realmente paritario. Combattere la discriminazione di genere non è solo un dovere etico e giuridico, ma una priorità sociale che riguarda la qualità del nostro vivere civile. Non possiamo accettare che una madre, per lavorare, debba scegliere tra dignità e
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precarietà, o che permangano discriminazioni di genere in tema di retribuzione, possibilità di carriera, conciliazione vita-lavoro. Le parole diventano impegni, e gli impegni diventano azioni. Non è un punto di arrivo, è un inizio condiviso”.
L’intesa, fra i tanti punti, impegna le parti a “contrastare ogni forma di discriminazione che limita o impedisce la piena occupazione delle donne”; ad “intervenire per rimuovere ogni forma di discriminazione nei confronti delle lavoratrici che rientrano dopo il periodo di congedo di maternità”; a “favorire azioni per la ricollocazione in particolare delle donne dopo i 45 anni e il reinserimento al lavoro delle donne che rientrano al lavoro dopo lunghi periodi di cura per patologie significative o invalidanti”; a “progettare azioni finalizzate alla prevenzione e al contrasto di qualsiasi atteggiamento o comportamento lesivo della dignità della persona e di ogni forma di violenza, vessazione e molestia, sia in ambito formativo che lavorativo; a “promuovere un linguaggio inclusivo e contrastare ogni forma di linguaggio disfunzionale che alimenta stereotipi di genere”, ad “incentivare le organizzazioni, pubbliche e private, al conseguimento della Certificazione della parità di genere, alla sperimentazione e all’adozione di politiche di welfare e degli orari che favoriscano la parità di genere, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la condivisione dei carichi di cura, anche attraverso una diversa organizzazione del lavoro, valorizzando il ruolo della contrattazione collettiva”; a “promuovere un’adeguata formazione sui temi delle pari opportunità e delle discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro anche all’interno degli organismi bilaterali”.
Il Protocollo ha la durata di tre anni e prevede l’istituzione di un tavolo di confronto congiunto, da convocare almeno una volta ogni sei mesi, che vigili sulla corretta applicazione di quanto stabilito.