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Gaza
di GIOVANNA PASQUALIN TRAVERSA 30 giu 2025 07:17

Gaza: la guerra delle donne

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Mentre le bombe su Gaza conquistano le prime pagine, il trauma psicologico del conflitto e dello sfollamento colpisce silenziosamente donne e ragazze

Bombardamenti incessanti, sfollamenti forzati, gravi privazioni: la guerra nella Striscia di Gaza ha stravolto tutto, ma sono le donne – madri, figlie, sorelle – a portarne il fardello più pesante, cercando di preservare le proprie famiglie e il proprio futuro dal caos. UN Women ha incontrato tre generazioni di donne di una stessa famiglia a Gaza, che ha attraversato guerre, sfollamenti e incertezza nel corso dei decenni. Un peso che si manifesta in modo diverso per ciascuna generazione, ma dolore, perdita, forza e dignità le uniscono; le loro storie parlano di resilienza e invocano riconoscimento e speranza. Per Thuraya Al Gourani, 85 anni, la guerra ha minato una vita di stabilità e l’ha costretta ad affrontare la distruzione della casa e della speranza. A Kholoud Al Furani, 28 anni, la guerra ha rubato amici, familiari e sogni di un futuro sicuro. Per Leen Nahal, 14 anni, ha riscritto l’infanzia, sostituendo i libri scolastici con la lotta per la sopravvivenza in una condizione che nessun bambino dovrebbe mai sperimentare. Testimonianze da far conoscere oggi, in occasione del lancio della campagna di UN Women Italy contro la violenza sulle donne, che vuole accendere i riflettori sulla
strage silenziosa che si consuma ogni giorno in ogni angolo del mondo, dal femminicidio allo stupro impiegato come arma di guerra.
Il titolo della campagna – “In tutte le lingue del mondo” – richiama l’universalità della violenza contro le donne dalla quale nessun Paese è immune. Neanche il nostro.

“Ho 85 anni – esordisce Thuraya Al Gourani –. La mia vita è stata segnata dallo sfollamento. Ricordo ancora il giorno del 1948 in cui mio padre ci radunò in fretta per fuggire da Al Faluja, un piccolo villaggio tra Hebron e Gaza, mentre le milizie israeliane si avvicinavano. Fuggimmo a Khan Younis, lasciando tutto”. Da allora, racconta, “ho vissuto sette guerre. Quella attuale è la più crudele e la più implacabile, più lunga di tutte le precedenti. Siamo rinchiusi in una stanza di 4 metri per 4 con oltre dieci persone, privi di cibo, acqua e beni essenziali. Le bombe scuotono costantemente la terra e il terrore della morte è costante, mentre ci aggrappiamo a una fragile speranza di tornare alla casa che conoscevamo. Le nostre vite sono distrutte, ci manca tutto.
Questa guerra è spietata oltre ogni immaginazione, soprattutto verso donne e bambini”.
Una volta Thuraya è tornata a casa e ha scoperto che era stata violata. Ora, dice, “non esiste più neppure una casa a cui tornare, solo macerie. Questa guerra – conclude – mi ha portato via tutto: la dignità, il passato e il futuro”.

Lo sostiene Kholoud Al Furani, 28 anni, secondo la quale “questa guerra va oltre ogni comprensione. Non immaginavamo di perdere le nostre case, i ricordi, le persone care. Lo sfollamento è diventato la nostra realtà quotidiana”. All’ospedale Al Amal, “l’ultimo rifugio, ci siamo svegliati circondati da soldati israeliani e carri armati. Siamo dovuti fuggire di nuovo – il suo racconto –. Non dimenticherò mai il dolore per la perdita della mia cara amica Ikhlas, morta con il suo neonato due settimane dopo il parto.
La guerra continua, uccidendo civili: madri, figlie e figli. La speranza di pace sembra un sogno lontano, oscurato dalla sofferenza”.

“Sto perdendo il futuro, l’istruzione e l’infanzia”, l’amara testimonianza di Leen Nahal. Nonostante abbia solo 14 anni, Leen ha vissuto cinque guerre, è stata sfollata più di quattro volte ed ora vive in una tenda che non la protegge né dal caldo estivo né dal freddo invernale. “Questa guerra ha cambiato la mia vita per sempre – racconta –. Siamo stati sfollati più volte. Ho perso la scuola e gli amici. Viviamo in una paura indescrivibile. Un tempo potevamo comprare cibo, frutta, vestiti. Ora siamo in otto in una tenda improvvisata.
Ho responsabilità che non avrei mai immaginato. Devo occuparmi delle mie sorelle minori”. Leen, brillante studentessa, pensa alle sue amiche riuscite a fuggire da Gaza che stanno continuando a studiare. “Io sono qui in tenda, senza libri, senza uniforme, senza zaino. Sento che sto perdendo il futuro, l’istruzione, l’infanzia". Qual è il suo sogno? “Che finisca questa guerra così potrò diventare insegnante di storia e raccontare la storia della Palestina e la nostra sofferenza". Di qui un appello:“Invito i bambini di tutto il mondo a sostenere i bambini palestinesi. Stiamo morendo ogni giorno. Chiedo la fine immediata della guerra – conclude Leen –, cosicché possiamo tornare finalmente a vivere”.

Secondo UN Women, a Gaza oltre 28mila tra donne e ragazze sono state uccise negli attacchi delle forze israeliane dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023, in media due ogni ora. Tra le vittime, migliaia erano madri che hanno lasciato bambini e famiglie. A rischio vita, salute e dignità; particolarmente vulnerabili le gestanti, circa 56mila, mentre la malnutrizione è molto diffusa tra donne e bambini. “Chi vive l’esperienza della guerra in un caso su cinque sviluppa disturbi mentali nel lungo termine, come depressione, ansia, disturbo post traumatico, disturbo bipolare o schizofrenia. Eppure, solo il 2% riceve le cure di cui ha bisogno”, fa sapere UN Women. Senza accesso regolare ad acqua pulita, cibo, elettricità; con un sistema sanitario e condizioni igienico sanitarie al collasso; costrette a vivere in rifugi sovraffollati, senza privacy, servizi o sicurezza. In queste condizioni, secondo UN Women il 75% delle donne è effetto da depressione; il 62% soffre di insonnia; il 65% ha incubi e ansia. Un disagio che devono gestire da sole, oltre ad affrontare il trauma dei loro figli.
La guerra contro le donne a Gaza non è solo fisica. È mentale, emotiva, implacabile.
Giovanna Pasqualin Traversa

GIOVANNA PASQUALIN TRAVERSA 30 giu 2025 07:17

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