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Brescia
di REDAZIONE 23 mag 2019 12:23

Europee: intervista a Paola De Micheli

In vista delle elezioni europee del 26 maggio, sono passati a Brescia molti big della politica. La redazione di Voce ha intervistato Paola De Micheli, vicesegretaria del Partito Democratico

La sensazione è quella che molti leader nazionali utilizzino la consultazione europea come ring sovranazionale per risolvere questioni legate ai rapporti tra partiti e che questo finisca col far perdere intensità al senso del voto del prossimo 26 maggio. Lei, che è in tour per l’Italia e incontra diversi territori, ha trovato realtà attente al tema europeo o più focalizzate sui conflitti di carattere nazionale?

Noi abbiamo un elettorato molto attento alle questioni europee, però nell’ultimo periodo si è alzata moltissimo l’attenzione sulle questioni nazionali, nel senso che il tutto dipende molto dalla tipologia di incontri che si fanno. L’attenzione, negli ultimi dieci giorni, è aumentata in particolar modo nei riguardi delle questioni economiche. Tendenzialmente si comincia con l’Europa ma ci si sposta sui temi nazionali. È una cosa che è sempre accaduta durante le campagne elettorali per le elezioni europee. Lo spostamento è avvenuto quindi verso le questioni nazionali, soprattutto quelle legate alle preoccupazioni delle gente.


La situazione che lei ha descritto piò essere un deterrente alla partecipazione al voto di domenica o può rappresentare uno stimolo ad essere presenti e a votare?

Credo che la partecipazione sarà buona perché su tutti e due i fronti, che sono molto legati dato che le questioni europee sono comunque intrecciate alle questioni italiane, i cittadini vogliono dire la loro. In più non sottovalutiamo il fatto che ci sono molti comuni che andranno al voto domenica con le amministrative, che sono sempre un buon traino sulla partecipazione. Questo perché, scegliendoci i sindaci, i cittadini decidono i loro primi riferimenti in ambito istituzionale.


La realtà bresciana chiede in Europa un impegno particolare: pensiamo ad esempio al settore dell’agricoltura e dell’agroalimentare, settore che richiede maggiore attenzione perché è un’eccellenza del nostro territorio. Sull’altro versante ci sono gli industriali, che lei sicuramente avrà incontrato, e che chiedono all’Europa di mettere chiarezza sul tema delle infrastrutture. A detta infatti degli industriali bresciani, questo tema è un forte ostacolo alla ripresa economica del nostro Paese. Come PD, quali impegni si sente di assumere in Europa rispetto a queste due tematiche, vissute in modo particolare nel bresciano?

Il Partito Democratico, sul fronte delle imprese, ha inserito nel proprio programma la richiesta di inserire una misura contro la delocalizzazione selvaggia e in favore del rapporto impresa-territorio. Questo è un rapporto tipico proprio dell’agroalimentare. La stragrande maggioranza dei marchi dell’agroalimentare hanno una diretta correlazione con il territorio in cui vengono prodotte le materie prime (come il parmigiano Reggiano e il Grana Padano). Vogliamo quindi una misura contro la delocalizzazione selvaggia e contestualmente la valorizzazione, che è la prima misura di protezione per il rapporto che intercorre tra prodotto finito e luogo in cui lo si produce. Questo è determinante poiché io provengo dal mondo dell’agroalimentare. Sulla questione infrastrutturale il problema oggi non è l’Europa, ma il Governo italiano. È infatti evidente non solo che l’Europa stanzia risorse che vanno a cofinanziare gli investimenti nazionali, ma anche che la scelta su quali sono le infrastrutture su cui investire è legata ai governi nazionali. Noi oggi abbiamo un sostanziale blocco delle infrastrutture legato a veti di natura politica e non ad assenza di risorse finanziarie o di procedure. Questa quindi è una partita che noi ci possiamo giocare in Europa, poiché c’è da lavorare sulla cultura delle infrastrutture in Italia in modo da rendere il tutto ambientalmente sostenibile.


Per il Partito Democratico l’appuntamento del 26 maggio è la prima grande prova dopo l’elezione di Zingaretti alla segreteria nazionale. Quali sono le attese del partito e che tipo di sfida si accinge ad affrontare il partito stesso con le elezioni europee? Ricordiamo che 5 anni fa ci fu il boom del gradimento degli italiani, con un 46% di consensi, che però poi ha subito un declino con i risultati del 4 marzo dello scorso anno. Per il PD targato Zingaretti che appuntamento è quello del 26 maggio?

Siamo entrati al Nazareno esattamente due mesi fa, quindi è evidente che contiamo che sia un effetto positivo di spinta rispetto alle primarie e rispetto ai primi segnali che l’attuale segreteria ha dato. In particolar modo credo che il segnale più potente sia stato quello dato dall’unità del centro-sinistra con la lista unica “Partito Democratico Siamo Europei”. Abbiamo avuto per mesi e per anni una forte richiesta da parte dei nostri elettori di unità, e Zingaretti e la sua segreteria sono nelle condizioni di presentare una lista unitaria e aperta, dove ci sono tanti rappresentanti del mondo cattolico e della sinistra (oltre ai nostri candidati come Partito Democratico). Questo credo che sia un valore che gli elettori apprezzeranno. Sicuramente si tratta di un passaggio importante, ma siamo consapevoli che la strada per il rilancio del PD è una strada che vede nelle Europee un passaggio, seppur importante, ma non un punto d’arrivo. Il punto d’arrivo saranno le elezioni politiche italiane.


Esperti e politologi sostengono che il voto di domenica prossima potrebbe rappresentare l’ultima chiamataper il Governo nazionale a guida M5S e Lega. Sostengono molti che le fibrillazioni, che anche in questi giorni segnano la vita dell’esecutivo, potrebbero arrivare all’apice proprio all’apertura delle urne, portando forse alla fine di quest’esperienza di Governo. Una prova importante dunque per Salvini e Di Maio, ma anche per le altre forze (PD in testa), che dovrebbero eventualmente affrontare una crisi di Governo e le successive elezioni. Il Partito Democratico è pronto a questa potenziale sfida?

Assolutamente sì e lo auguro a tutti i suoi elettori e ai cittadini bresciani. Auguro loro di non dover vivere in un Paese diretto dall’attuale Governo. Economicamente perché non è in grado di gestire la nostra situazione economica; per questioni sociali è stato seminato odio e sono state sdoganate parole e concetti di una violenza che noi non meritiamo; infine per il patrimonio di valori negativi di cui si sta facendo portatore questo Governo.


REDAZIONE 23 mag 2019 12:23