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Brescia
di MASSIMO VENTURELLI 24 apr 2024 09:22

I valori del 25 aprile antidoto alla banalità

Siamo alla vigilia di un nuovo 25 aprile che, per l’Italia (o almeno per gran parte di essa verrebbe da dire), è anniversario che ricorda la liberazione dall’occupazione nazista e dalla dittatura fascista. Anche in questo 2024 non mancano le polemiche. Un momento che dovrebbe unire il Paese, in realtà, più ci si allontana dal quel 25 aprile 1945, è finito per diventare sempre più divisivo. E quella in atto è una divisione dolorosa, amara. Lo è perché è subdola, banalizzata e che affonda le sue radici nell’ignoranza, nel non sapere (o nel far finta di non sapere).

Chi ha sulle spalle primavere sufficienti per ricordare i tempi in cui l’Anniversario della Liberazione dal nazifascimo aveva veramente i contorni e le caratteristiche di un evento nazionale, con una profonda sacralità, non farà fatica a ricordare che tra milioni di persone che scendevano nelle piazze nelle strade di tutta Italia per ricordare ferite che ancora bruciavano sulla pelle e per rendere un sincero omaggio a chi, proprio da quelle ferite, aveva attinto la forza, la determinazione e il coraggio di dire “no”, di ribellarsi (pagando il prezzo di quella ribellione molto spesso con la vita), c’era una sparuta minoranza che, al contrario, continuava a ritenere il fascismo e tutto quello che si era portato appresso qualcosa da difendere, di cui essere orgogliosi.

Lo faceva con incomprensibile e ingiusticabile determinazione, nonostante sapesse di avere contro tutto il Paese e la storia. Erano reduci, uomini e donne che avevano fortemente creduto, sbagliando, in Mussolini e in tutto quello che la sua presenza e la sua azione aveva portato. Erano persone accecate, vittime di un grande e tragico imbroglio. Ma erano disposte a pagare, duramente, questa loro fede cieca. Sapevano di dovere pagare. La loro opposizione a tutto ciò che rappresentava il 25 aprile era chiara, non cercavano di dissimularla, nonostante il giudizio schiacciante della storia.

Oggi, nonostante tutti a parole affermino di essere contro quella che è stata la pagina più tragica della storia nazionale, complice anche il passare del tempo, sembra essere subentrata in tanti una sorta di relativismo che banalizza tutto. Si celebra, anche se con minore intensità e partecipazione, la Liberazione dal nazifascismo come atto dovuto, accompagnandola sempre più spesso con un “ma anche" … La stessa Costituzione, che pure affonda in modo inequivocabile le sue radici nell’antifascismo, nella reazione popolare alla dittatura, è sempre più spesso guardata (se non addirittura considerata) come qualcosa da venerare più in virtù dell’età che ha che non per il grande portato di attualità di cui è depositaria.

È un atteggiamento sempre più diffuso tra la gente, alimentato probabilmente anche da chi, occupando ruoli istituzionali, dimentica o non ha contezza che il “no” “senza se e senza ma” a quello che è stato il fascismo dovrebbe essere la “conditio sine qua non”, una sorta di casellario giudiziale immacolato, per chi abbraccia l’impegno politico e istituzionale, indipendentemente dalla parte in cui sceglie di militare. Se lo può fare, è bene ricordarlo, è perché c’è stato qualcuno che in passato ha pagato anche con la propria vita la volontà di spezzare le catene della dittatura fascista.

Invece anche su questo fronte qualcuno tende a banalizzare, a usare la logica del “ma anche”, a considerare quella della Liberazione una delle festa di cui è pieno il calendario nazionale... La speranza è che lo faccia per ignoranza, perché non conosce, per superficialità. Solo in questa prospettiva risultano collocabili scivoloni e affermazioni che la storia nazionale, prima ancora delle convizioni e delle appartenze politiche, bolla come assurde. Ben più grave sarebbe se dietro a tutto questo ci fosse un atteggiamento consapevole, scientificamente pianificato.

Contro questa ipotesi, da cui è necessario prendere le distanze nei fatti e negli atti, diventa ancora più necessario ricordare il 25 Aprile, riattualizzare, celebrandoli, i valori e i fondamenti e avere, al di là di ogni strumentalizzazione, la consapevolezza che sono ancora quelli su cui si fonda la convivenza democratica del nostro Paese.

MASSIMO VENTURELLI 24 apr 2024 09:22