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04 giu 2015 00:00

La grandezza dei piccoli

Si esprimono con un’essenzialità e una semplicità alle quali spesso non arrivano gli adulti

Sui volti c’era il riflesso del loro pensiero sulla Prima guerra mondiale. La telecamera li inquadrava e certamente si comprendeva che dietro le loro parole c’erano una ricerca, un confronto e un sogno. Così nei giorni scorsi una trasmissione televisiva aveva disegnato un ponte tra i ragazzi di oggi e quanti, 100 anni addietro, erano stati travolti dalla “inutile strage”. Il filo rosso che legava i brevi commenti è la consapevolezza di un sacrificio immane, lontano nel tempo ma totalmente dentro l’attualità come purtroppo conferma il racconto mediatico che raggiunge anche i piccoli.

I bambini ascoltano, vedono, pensano, domandano, sognano. Si esprimono con un’essenzialità e una semplicità alle quali spesso non arrivano gli adulti. Così, è accaduto anche nei giorni scorsi quando il “Treno dei Bambini” con a bordo circa 300 figli di genitori in carcere si è fermato in Vaticano e i vivacissimi passeggeri hanno circondato papa Francesco che li ha invitati a sognare, a volare verso la felicità.

Il sogno appartiene ancora ai bambini e alle bambine ma non è, come spesso intendono gli adulti, un tenere la testa tra le nuvole come non è un percorrere sentieri che scompaiono con il crescere dell’età . Sognare che non ci sia più la guerra, che non ci sia più violenza, che non ci sia più fame, non ci sia più carcere con dentro papà e mamme, significa chiedere agli adulti se di fronte a queste tragedie e a queste sofferenze si sentono del tutto innocenti, estranei, impotenti. Significa chiedere agli adulti per quanto tempo ancora i bambini del mondo saranno vittime di un calo di umanità che sembra inarrestabile. I bambini, ascoltano, vedono, pensano, sognano. Alla fine arriva il “perché?”. Una domanda che richiama, in particolare, l’assenza del padre, l’assenza dei genitori, l’assenza di adulti credibili. A chi è ai bordi della cronaca sembra che le parole e i “perché” dei piccoli si trasformino in giudizi severi dai quali non è però escluso il soffio della speranza.

Non si sono lasciati rubare il sogno e, nonostante tutto, riescono a volare in alto per cercare e trovare nel mondo i segni di un ripensamento che precede una conversione. Sono segni che si cercano in primo luogo in famiglia ed è per questo, scrive il gesuita Jean-Pierre Sonnet, che “la parola dei genitori è portatrice di un carico di vita che gli stessi genitori sono lungi dall’immaginare”. Dal dialogo in famiglia inizia anche quel faccia a faccia tra generazioni, che coinvolge un “nonno” sorridente e vestito di bianco circondato da bimbi che chiacchierano con lui.
04 giu 2015 00:00