Non è un gioco di dadi

La guerra, per citare l’intervista al mensile “Altreconomia” di Lisa Clark (già premio Nobel per la pace con la Campagna Ican nel 2017), produce e riproduce solo se stessa: “La retorica della deterrenza nucleare non porta la pace ma è solo un fattore di destabilizzazione. Che viola il diritto internazionale”. Stiamo scherzando con il fuoco: l’utilizzo di armi nucleari genererebbe conseguenze umanitarie devastanti. L’unica strada percorribile resta ed è il disarmo. Il mondo continua a tollerare il possesso di armi nucleari da parte di qualsiasi Stato. L’Italia, come grida a più riprese la Rete Italiana Pace e Disarmo, dovrebbe urgentemente firmare e ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Siamo, forse inconsapevolmente, spettatori di un triste reality show. Le dichiarazioni dell’ultima settimana dei principali attori protagonisti sono quasi inverosimili: la guerra è diventata un gioco di dadi. La diplomazia, oggi, è superata dalla legge del più forte. E, ogni volta, speriamo (e per chi ha fede, preghiamo) che non si tocchi il punto di non ritorno. Siamo sempre più sbalorditi di fronte alla superficialità con cui il rappresentante massimo della più grande democrazia del mondo si relaziona con gli altri Stati: “Colpire forte e uscire rapidamente”. È questo lo stile, coniato dal Washington Post, adottato da Donald Trump, che, in meno di 48 ore, è passato dall’attaccare l’Iran, con le bombe più potenti a disposizione, a pretendere un cessate il fuoco. E così, in attesa di capire se la tregua annunciata da Trump tra Israele e Iran reggerà, l’accordo raggiunto dalla Nato porterà le spese militari al 5% del Pil entro il 2035: per l’Italia significa passare da 34 a 100 miliardi annui.
Trump, purtroppo, ha molti seguaci. Sembra quasi incredibile, ma il Presidente del Consiglio italiano, in Senato, ha affermato che sul tema del riarmo, la pensa come i romani: “Si vis pacem, para bellum” (“Se vuoi la pace, prepara la guerra”). Sullo sfondo, a poche centinaia di metri di distanza, sono invece riecheggiate le differenti parole di Leone XIV: “Si curino le lacerazioni provocate dalle sanguinose azioni degli ultimi giorni, si respinga ogni logica di prepotenza e di vendetta e si scelga con determinazione la via del dialogo, della diplomazia e della pace”. Sì, la Chiesa è l’unica realtà che ha avuto il coraggio di alzare la voce e di contrastare la logica bellicista che pervade la nostra società. E in tanti si sono ritrovati, su invito della Diocesi, a pregare nel monastero dell’Immacolata per Gaza e per la pace tra tutti i popoli. Per fortuna, anche la società civile si fa sentire. Il 25 giugno, un centinaio di persone ha stazionato fuori dall’aeroporto di Montichiari per “protestare contro il trasporto di missili verso il Medio Oriente”. Il presidio, organizzato dalla sigla sindacale Usb, ha di fatto permesso l’annullamento del volo. È un segnale contro la logica distruttiva delle armi. Ormai le guerre si susseguono con ritmo e intensità crescente. Iniziano ma non finiscono, alimentando solo la fiorente industria e il commercio immorale di armamenti. Stati e Governi sembrano aver perso la capacità di prevenire e gestire i conflitti mediante gli strumenti della diplomazia e della politica, con i quali far applicare e rispettare le convenzioni e il diritto internazionale. La conseguenza è che la guerra e la barbarie sono nuovamente tornate a essere le uniche opzioni in campo. Siamo chiamati a mobilitarci per la pace, per il disarmo e per la nonviolenza.
