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Brescia
di GUIDO COSTA 19 apr 2021 07:49

Non strumentalizzare la piazza

A troppi interessa usare per il proprio tornaconto le manifestazioni di disagio che il Paese sta vivendo

“Bastardi, così mi destinate a chiudere”. Ho fotografato la scritta giusto un anno fa, appesa alla saracinesca di un parrucchiere poco fuori città. Eravamo in pieno lockdown e l’invettiva era assolutamente insensata (tanto che dopo un paio di giorni la parte di tela con la prima parolina era stata censurata alla bell’e meglio) ma indicativa di come ancora non si fosse elaborata la gravità di ciò che stava accadendo. Mi è tornato tutto in mente in questi giorni di manifestazioni e cartelloni singolari; uno per tutti: “Tu ci chiudi, tu ci paghi”. Bisogna capirli, si dice da più parti. Lo ripetono i telegiornali che di piazza in piazza raccontano il “disagio”, il “malessere”, la “disperazione”, il “grido d’aiuto” di baristi, ristoratori, venditori ambulanti, titolari di palestre eccetera, eccetera, eccetera; lo scrivono i giornali che a pagina quattro – dati di martedì – annunciano ancora lo spaventoso numero di morti (476) e dei nuovi contagi (13.000), e a pagina otto dedicano foto e titolo all’esagitato politico di turno: “Adesso basta! Non se ne può più di questo rigore che ci uccide”; lo ripetono le radio, in una spaventosa cacofonia di informazioni da telefono senza fili. Ieri sera mi è capitato di ascoltare il cuoco Giorgio Locatelli che raccontava l’emozione di poter riaprire il suo ristorante di Londra. “Beato te che puoi – gli dice il conduttore del programma – qui in Italia chissà quando riapriranno i tuoi colleghi. Hanno dovuto mettere i dipendenti in cassa integrazione e loro tirare avanti con i quattro soldi dei ristori!”. “In Inghilterra non c’è la cassa integrazione come in Italia – risponde il cuoco – ma abbiamo avuto prestiti dalle banche, garantiti dallo Stato, per i costi fissi, e poi uno stop alle scadenze fiscali”. Conclusione accorata e partecipe del conduttore: “Perché in Italia non impariamo da chi sa fare meglio di noi!”. Prima o poi anche questo approssimativo intrattenitore scoprirà che le cose – compresi i prestiti garantiti dal Governo e il blocco delle tasse – non sono tanto diverse in casa nostra, e qualcuno gli spiegherà che aver messo a disposizione gli ammortizzatori sociali per i dipendenti di tutte le imprese più colpite dalle restrizioni per contenere la pandemia non è cosa da poco, e che i quattro soldi dei “ristori” per i titolari sono legati al fatturato dichiarato.

Le proteste di piazza nascono sicuramente da situazioni vere di difficoltà, c’è davvero chi ha investito tutto nel sogno di aprire un bar o una trattoria e si è improvvisamente trovato a dover fare i conti con un anno di apri-chiudi-riapri-richiudi. Sì, loro sì, bisogna capirli. La piazza fa però gola a troppi in questo momento: è l’occasione sempre attesa dal becero squadrismo che trasforma legittime proteste in occasioni di violenza; manna per partiti che si intestano tutto e il contrario di tutto pur di mettersi in mostra; passerella insperata per associazioni di categoria che si contendono i soci mostrandosi sempre un poco più arrabbiati dei concorrenti, un poco più agguerriti, un poco più perentori nelle richieste, che si chiamino “ristori”, “sostegni” o in qualsiasi altro modo. Come si esce da questa situazione? Continuando, e penso alla stragrande maggioranza di noi, a fare della responsabilità un vanto. Siamo migliori di come ci vorrebbe qualche capopopolo. Siamo capaci di serietà e di pazienza motivata. Responsabilità e campagna vaccinale ci consentiranno di tornare alla vita di relazioni di cui tanto sentiamo la mancanza. Il traguardo è ragionevolmente vicino: non è il momento di lasciare spazio ai guastatori di professione.

GUIDO COSTA 19 apr 2021 07:49