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Roma
di REDAZIONE 28 mar 2018 12:05

La Pasqua non finisce con la colomba

“Quale festa è la più importante della nostra fede, il Natale o la Pasqua? La Pasqua”. È cominciata con un dialogo con i fedeli presenti oggi in piazza San Pietro l’udienza, in cui il Papa si è soffermato sul triduo pasquale

“Quale festa è la più importante della nostra fede, il Natale o la Pasqua? La Pasqua”. È cominciata con un dialogo con i fedeli presenti oggi in piazza San Pietro l’udienza, in cui il Papa si è soffermato sul triduo pasquale, che incomincia domani, “per approfondire un po’ quello che i giorni più importanti dell’anno liturgico rappresentano per noi credenti”. “Io, fino a 15 anni, credevo che fosse il Natale”, ha rivelato Francesco ancora a braccio, spiegando che la più importante festa cristiana è “la Pasqua, perché è la festa della nostra salvezza, la festa dell’amore di Dio per noi, la festa della celebrazione della sua morte e resurrezione. Per questo vorrei riflettere con voi su questa festa, su questi giorni, che sono giorni pasquali fino alla Risurrezione del Signore”. “Essi costituiscono la memoria celebrativa di un unico grande mistero: la morte e la risurrezione del Signore Gesù”, ha proseguito Francesco, ricordando che “il triduo ha inizio domani, con la Messa della cena del Signore, e si concluderà con i vespri della Domenica di Risurrezione”. “Poi viene la Pasquetta per celebrare questa grande festa”, ha detto il Papa a braccio: “Un giorno in più, ma questo è post-liturgico, è la festa familiare, la festa della società”. Il triduo pasquale, per il Papa, “segna le tappe fondamentali della nostra fede e della nostra vocazione nel mondo, e tutti i cristiani sono chiamati a vivere i tre Giorni santi – giovedì, venerdì, sabato, e la domenica, si capisce, ma sabato è la resurrezione – come, per così dire, la matrice della loro vita personale e comunitaria, come l’esodo dall’Egitto lo è per i nostri fratelli ebrei”.

La Pasqua “non finisce con la colomba, le uova: questo è bello, è la festa della famiglia. Incomincia lì, con il cammino alla missione, all’annuncio: Cristo è risorto”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, ricordando durante la catechesi dell’udienza di oggi che “questo annuncio, a cui il triduo conduce preparandoci ad accoglierlo, è il centro della nostra fede e della nostra speranza. È il nocciolo, è il kerygma – una parola difficile ma che dice tutto – che continuamente evangelizza la Chiesa e che essa a sua volta è inviata ad evangelizzare”. “Questi tre giorni ripropongono al popolo cristiano i grandi eventi della salvezza operati da Cristo, e così lo proiettano nell’orizzonte del suo destino futuro e lo rafforzano nel suo impegno di testimonianza nella storia”, ha spiegato Francesco: “La mattina di Pasqua, ripercorrendo le tappe vissute nel triduo, il canto della Sequenza, cioè un inno, una sorta di salmo, farà udire solennemente l’annuncio della risurrezione: ‘Cristo, nostra speranza, è risorto e ci precede in Galilea’”. “Questa è la grande affermazione: Cristo è risorto”, ha commentato a braccio, facendo notare che “in tanti popoli del mondo, soprattutto nell’Est Europa, la gente si saluta in questi giorni pasquali non con ‘buongiorno, buonasera’, ma con ‘Cristo è risorto’, per affermare il grande saluto pasquale”. “In queste parole di commossa esultanza culmina il triduo”, ha proseguito il Papa, secondo il quale tali parole “contengono non soltanto un annuncio di gioia e di speranza, ma anche un appello alla responsabilità e alla missione”. “Guardare in alto, guardare l’orizzonte, allargare gli orizzonti: questa è la nostra fede, questa è la nostra giustificazione, questo è lo stato di grazia”. “Per il battesimo – ha ricordato – siamo risorti con Gesù e siamo morti alle cose e alla logica del mondo; siamo rinati come creature nuove: una realtà che chiede di diventare esistenza concreta giorno per giorno”.

“Un cristiano, se veramente si lascia lavare da Cristo, se veramente si lascia spogliare da lui dell’uomo vecchio per camminare in una vita nuova, pur rimanendo peccatori – tutti lo siamo – non può più essere corrotto”. A ribadirlo è stato il Papa, tornando durante l’udienza di oggi su un tema che gli è caro: la lotta alla corruzione. “La giustificazione di Gesù ci salva dalla corruzione”, ha detto a braccio: “Siamo peccatori, non corrotti”. Un cristiano salvato da Gesù, ha aggiunto, “non può più vivere con la morte nell’anima, e neanche essere causa di morte”. “E qui devo dire una cosa triste e dolorosa”, ha proseguito a braccio: “Ci sono i cristiani finti, quelli che dicono ‘Gesù è Risorto, io sono stato giustificato da Gesù, sono nella vita nuova’, ma vivono una vita corrotta”. “E questi cristiani finti finiranno male”, ha garantito Francesco: “Il cristiano è peccatore, tutti lo siamo, io lo sono, ma abbiamo la sicurezza che quando chiediamo perdono il Signore ci perdona”. “Il corrotto fa finta di essere una persona amorevole, ma alla fine nel suo cuore c’è la putredine”, ha proseguito il Papa ancora a braccio: “Pensiamo ai cosiddetti cristiani mafiosi: questi di cristiano non hanno nulla, si dicono cristiani ma portano la morte nell’anima e agli altri. Preghiamo per loro, perché il Signore tocchi la loro anima”.

REDAZIONE 28 mar 2018 12:05