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Roma
di ALESSANDRO GISOTTI 13 mar 2017 08:08

Quattro anni con papa Francesco

L'intervista concessa dal Segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, a Radio Vaticana in occasione dei quattro anni dell'elezione di papa Bergoglio

Ricorre oggi il quarto anniversario dell’elezione di Papa Francesco. Quattro anni vissuti con grande intensità dal Pastore venuto “quasi dalla fine del mondo” che sta attuando un’opera di profondo rinnovamento della Chiesa. Anche questo quarto anno è stato denso di momenti e documenti magisteriali. È stato l’anno di Amoris Laetitia e dello storico abbraccio con il Patriarca Kirill a Cuba, l’anno della Gmg di Cracovia e della visita ad Auschwitz, della Canonizzazione di Madre Teresa e del viaggio ecumenico a Lund nel 500.mo della riforma di Lutero. A legare tutti questi punti, il filo rosso della misericordia – architrave del Pontificato – che ha avuto il suo culmine nel Giubileo straordinario. Per una riflessione sui temi forti di questi primi quattro anni di Pontificato e sull’orizzonte che Papa Francesco sta aprendo nella vita della Chiesa, il card. Pietro Parolin ha concesso questa intervista esclusiva alla Radio Vaticana, di seguito riportata in forma integrale.

“Il 13 marzo 2013 – afferma il Segretario di Stato -  io non ero a Roma, ero ancora a Caracas (come nunzio in Venezuela ndr). Quindi la notizia ci raggiunse a mezzogiorno, mentre qui a Roma era già sera. Ovviamente, la cosa che prima di tutto sentii fu una grande sorpresa per questo nome, per l’elezione del cardinale Bergoglio, di cui avevo sentito parlare ma che non si prevedeva in quel momento sarebbe stato il nuovo Papa, almeno la stampa non lo presentava tra i “papabili”. Quindi una grande sorpresa e una sorpresa anche per il nome, questo nome “Francesco” che non c’era nella serie dei Papi e che ha, secondo me, individuato subito un po’ quelle che sarebbero state le caratteristiche del nuovo Pontefice. Poi nel suo discorso, fatto con tanta semplicità, con tanta pace, con tanta serenità, mi ha colpito soprattutto questo affidamento reciproco, il fatto che lui si sia affidato al popolo e ha chiesto la preghiera del popolo affinché Dio lo benedicesse, il “popolo santo di Dio”, come ama dire Papa Francesco.

D’altra parte, è l’affidamento anche del pastore al popolo, del popolo al pastore e del pastore al popolo e tutti insieme affidarsi a Dio. Da qui è uscita questa immagine di Chiesa che è un camminare insieme, pastore e popolo, con fiducia e affidandosi tutti alla preghiera e quindi alla grazia e alla misericordia del Signore”.

Il Santo Padre, fin dai suoi primi interventi pubblici, ha messo l’accento proprio sulla necessità di essere “Chiesa in uscita”, Chiesa in cammino. Si sta affermando ai diversi livelli della Chiesa questo stile sinodale, questa visione a cui il Papa tiene molto?

Evidentemente è un cammino lungo, un cammino progressivo, un cammino che, potremmo dire, ha avuto il suo inizio con il Concilio Vaticano II, di cui Papa Francesco vuole essere colui che lo continua nella sua applicazione nella vita della Chiesa. Mi pare importante questa Chiesa in cammino, questa Chiesa che si apre: una Chiesa che si apre innanzitutto al Signore, una Chiesa in uscita verso il suo Signore, verso Gesù Cristo. E proprio perché la Chiesa è in uscita verso Gesù Cristo riesce anche ad accompagnare la gente, ad incontrare la gente, ad accompagnare la gente nella sua realtà di ogni giorno. Questo mi pare molto importante e mi pare che questo cammino va fatto insieme. Ecco la sinodalità! La Chiesa in cammino va fatta insieme, ma sotto la guida dello Spirito Santo. Quindi una Chiesa che è riunita dallo Spirito dove ognuno è attento alla voce dello Spirito e dove ognuno mette in comune proprio anche i doni che lo Spirito Santo gli dà per la realizzazione di questa missione.

Il Giubileo della Misericordia si è concluso ma la misericordia resta l’architrave di questo Pontificato, come ci ricorda anche il motto episcopale di Jorge Mario Bergoglio. Dove vede i frutti più fecondi di questo continuo richiamo del Santo Padre alla dimensione della misericordia, della tenerezza di Dio?

Io vorrei dire che questa insistenza sulla misericordia non è tanto un gusto personale del Papa quanto è proprio il centrare l’attenzione sul Mistero fondamentale che è quello dell’amore di Dio. La storia della Salvezza non è altro che la storia della rivelazione dell’amore, della misericordia e della tenerezza di Dio nei confronti dell’umanità. E il Papa ci ha proprio richiamato a questo centro, a questa fonte. Credo che lo sforzo della Chiesa debba essere proprio quello di farsi tramite, di farsi canale di questo incontro tra la misericordia di Dio e l’uomo di oggi nella sua realtà concreta, nelle sue gioie e nei suoi dolori, nelle sue sicurezze e anche nelle sue debolezze e nei suoi dubbi. L’Anno Santo della Misericordia è stato proprio un’offerta che il Papa ha fatto alla Chiesa perché diventasse questo strumento di misericordia.

Giustamente, come lui ha detto, si chiude la Porta Santa ma la porta della misericordia rimane sempre aperta! Per quanto riguarda i frutti vorrei sottolineare due cose. La prima è, da parte di molti cristiani, di molti battezzati, la riscoperta della Confessione come Sacramento della misericordia di Dio dove il Signore Gesù ci fa sperimentare la misericordia del Padre, il perdono dei peccati e tutto il suo amore nei nostri confronti. Ho sentito da tante parti che c’è stato un risveglio di questo Sacramento e tante persone si sono accostate. Speriamo che questo risveglio continui e si traduca davvero in una rinnovata frequenza al Sacramento della Riconciliazione. La seconda è l’attenzione alle situazioni di povertà, di indigenza. Il Papa ci ha mostrato, con i gesti soprattutto, questo esercizio della misericordia che tra l’altro è anche una delle richieste che ci viene fatta pressantemente in Quaresima: la conversione nasce proprio dall’esercizio delle opere della carità fraterna. E quindi questa rinnovata attenzione alle persone che si trovano in difficoltà, ai poveri, agli emarginati, a coloro che hanno bisogno di sostegno e di vicinanza. Mi pare che siano state tantissime le iniziative. Credo che anche questa sia una dimensione sulla quale si dovrà continuare ad insistere.

Nel quarto anno di Pontificato, in particolare con la pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale Amoris laetitia sono emerse, in ambito cattolico, anche delle critiche, delle incomprensioni, se vogliamo, nei confronti del Magistero di Papa Francesco. Che lettura se ne può dare?

Io direi innanzitutto di guardare all’Amoris laetitia come a un grande regalo che c’è stato fatto. Il Papa, mi ricordo sempre all’inizio, prima dell’avvio del primo Sinodo sulla famiglia, diceva: “Questo Sinodo dovrà far brillare il Vangelo della famiglia”. E il Vangelo della famiglia vuol dire da una parte il piano di Dio sulla famiglia, quel piano che Dio aveva concepito fin dall’eternità sulla famiglia e nello stesso tempo anche le condizioni reali in cui questa famiglia vive: una famiglia segnata dal peccato originale come tutta la realtà umana. Quindi io credo che l’Amoris laetitia ha dato un grande impulso, sta dando un grande impulso, come sento anche da tante persone, alla pastorale familiare. Sta veramente producendo frutti di rinnovamento e di accompagnamento delle situazioni familiari che si trovano nella fragilità. Per quanto riguarda le critiche… Be’, critiche nella Chiesa ce ne sono sempre state! Non è la prima volta che succede. Credo che lo stesso Papa ci ha dato la chiave per leggerle: cioè, devono essere critiche sincere, che vogliono costruire e allora servono per progredire, servono anche per trovare la maniera insieme di conoscere sempre meglio la volontà di Dio e di applicarla.

Papa Francesco sta avviando anche una profonda riforma della Curia. Spesso sottolinea poi che tutti abbiamo bisogno di una riforma, se vogliamo anche molto più importante, “la riforma del cuore”. E in Evangelii gaudium invoca “una riforma della Chiesa in uscita missionaria”. Perché questo processo di riforma è così importante per questo Pontefice che lo richiama così costantemente in tanti ambiti?

Nella storia, il Concilio poi l’ha ripreso, la Chiesa semper reformanda! E’ una dimensione fondamentale della Chiesa quella di essere in un processo di riforma, di “conversione”, per usare il termine evangelico. Ed è giusto che sia così, è necessario che sia così. Il Papa ce lo ricorda con insistenza perché la Chiesa diventi sempre più se stessa, diventi sempre più autentica, tolga quelle incrostazioni che si vanno accumulando nel cammino della storia e risplenda davvero come una trasparenza del Vangelo. Direi che questo è fondamentalmente il senso della riforma ed è per questo che il Papa insiste sulla “riforma del cuore”! Ogni riforma anche strutturale di cui c’è bisogno - a livello della Curia romana ci sono già state varie decisioni, il Papa le ricordava nell’ultimo discorso alla Curia romana, che stanno portando a delle trasformazioni, a un rinnovamento - però tutto parte dal cuore, tutto parte dall’interno. E quindi, giustamente, il Papa insiste su questo. Io vorrei dire, è importante, come del resto lo dice lui, insistendo sulla “riforma del cuore”: non sono i criteri funzionali che devono guidare questa riforma ma, appunto, più profondamente, i criteri di un autentico ritorno a Dio e un’autentica manifestazione della vera natura della Chiesa.

Da ultimo, eminenza, lei è il più stretto collaboratore del Santo Padre. Cosa le sta donando personalmente, innanzitutto come cristiano prima ancora che come Segretario di Stato, lo stare accanto a Papa Francesco in questi anni?

Veramente ringrazio il Signore! Quello che mi impressiona di Papa Francesco è proprio questa sua lettura di fede delle cose, delle situazioni, da cui nasce, direi, una grande serenità di fondo. Lui lo ha detto anche tante volte, ma lo sperimento proprio nel contatto con lui: questa serenità di fondo per cui di fronte alle situazioni, anche alle più difficili, alle più complicate - ce ne sono tante che sono anche motivo di preoccupazione, anche di inquietudine - questa capacità di guardare con serenità le cose, di sapere che le cose sono in mano a Dio e quindi di andare avanti con forza, di andare avanti con coraggio. E direi che questo mi aiuta molto anche nell’esercizio delle mie responsabilità e del mio ruolo.


ALESSANDRO GISOTTI 13 mar 2017 08:08