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Ponte Zanano
di GIUSEPPE BELLERI 09 dic 2022 09:08

Guida, esempio e pastore

Domenica 3 dicembre, durante la S. Messa vespertina, nella parrocchia di Cristo Re di Ponte Zanano, è stato benedetto il quadro, opera del pittore Franco Balduzzi raffigurante don Agostino Quaranta, e la targa che verranno posti nell’archivio parrocchiale, che fu il suo studio, con questa motivazione: “Don Agostino Quaranta 1914 – 1999. Grazie Signore per averci donato questo sacerdote: indimenticabile guida, esempio e pastore”.

Don Agostino nasce a Brandico il 3 ottobre 1914; i genitori Antonio e Angela Pensa sono contadini che campano lavorando la terra presa in affitto. È ordinato sacerdote il 26 giugno 1938 e dopo 2 anni di tirocinio come curato a Cigole e Capriolo, nel 1940 riceve dal Vescovo l’incarico di vicedirettore presso l’Istituto degli orfani di Brescia. Il 18 dicembre 1949 è nominato curato a Ponte Zanano in sostituzione a don Paolo Abrami e nel 1955, da curato diventa il primo parroco di Ponte Zanano. Il 30 giugno 1989 don Agostino rinuncia ufficialmente alla parrocchia ma accetta l’invito del Vescovo di garantire il suo prezioso aiuto al nuovo parroco don Giulio Bogna. Nel 1994 la salute vien meno e inizia il lento e inesorabile declino tra l’ospedale e la Domus Salutis di Brescia: qui il 21 luglio 1999 don Agostino muore, mentre attorno al suo letto voci sommesse bisbigliano: “È morto un santo”.

Durante la cerimonia i parrocchiani hanno raccontato alcuni ricordi del sacerdote, che sono racchiusi, insieme a tanti altri, nel bel libro di Roberto Simoni “don Agostino Quaranta” con allegate molte testimonianze raccolte da Galliano Brunello. Fra queste abbiamo scelto quella scritta dallo stesso Galliano, che fu per tanti anni un assiduo frequentatore della canonica. “Certamente don Agostino, pur all’interno delle mura domestiche, non smetteva le vesti dell’austero parroco dotato di forte personalità e di indiscusso carisma. Durante i nostri incontri rammentava spesso l’educazione ricevuta da suo padre che, muovendo le sue grandi e ruvide mani di contadino, diceva: ‘Dobbiamo essere uomini forti e saldi, non foglie di pioppo tremulo che al minimo alito di vento tremano, si agitano, cambiano direzione’. Determinante anche la sua esperienza sacerdotale con gli orfani durante il periodo della guerra. Don Agostino esercitava su di me il fascino della vetta di una montagna che ti stupisce e ti attrae, ma nel contempo ti incute un senso di naturale timore, di rispetto e di riverenza. Questi sentimenti si attenuavano quando lo incontravo nella sua casa dove le comodità del progresso non avevano trovato accoglienza e tutto parlava di assoluta povertà evangelica, che risaltavano nella sua vecchia tonaca sdrucita e nella sopravveste di tela consunta: sempre pulite, ma con un mosaico di pezze e di rattoppi. Quando accettava i regali che la gente gli portava aveva già in mente a chi doveva destinarli. Nella scala delle priorità riservava il primo posto alla preghiera, ma subito dopo veniva la carità. Sulla sua tavola il menù era sempre alquanto scarno e ripetitivo, ma quando c’erano ospiti era attento che in tavola non mancasse nulla”.

GIUSEPPE BELLERI 09 dic 2022 09:08