Alleanza per sostituire dipendenza con speranza
Nel seminario "Giovani e dipendenza" promosso a Roma dalla Cei, il card. Zuppi, presidente dei vescovi italiani ha denunciato l’inefficacia di un approccio repressivo e l’ipocrisia delle semplificazioni. “Le dipendenze sono un problema 'invisibile' ma reale: dobbiamo ascoltare la sofferenza e costruire un’alleanza sociale per la speranza”
No a semplificazioni o strumentalizzazioni; contro le dipendenze serve un’alleanza sociale per la speranza”. Con queste parole il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha aperto il seminario “Giovani e dipendenze”, promosso oggi a Roma dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei. Un momento di confronto per leggere le dipendenze giovanili, comprendere il ruolo dell’adulto e proporre strumenti concreti di prevenzione fondati su relazioni autentiche.
“Questo incontro è nato su ispirazione del card. Zuppi e in linea con il videomessaggio di Papa Leone XIV alla VII Conferenza nazionale sulle dipendenze”, ha spiegato don Riccardo Pincerato, responsabile della Pastorale giovanile Cei. Zuppi ha richiamato l’attenzione su un problema spesso “invisibile” ma che “è fondamentale ascoltare e comprendere a fondo, guardando al futuro con speranza e determinazione”. La società, ha aggiunto, fatica a intercettare il fenomeno, anche a livello generazionale: da qui l’appello a valorizzare educatori, “tesoro di esperienza e motivazione”, e reti di solidarietà, “risposte concrete capaci di affrancare le persone dalle dipendenze”. Il presidente Cei ha criticato l’approccio repressivo, “una visione ipocrita e inefficace”, rilanciando la proposta di “un’alleanza sociale per la speranza” che metta in comunicazione soggetti diversi ed “eviti semplificazioni o strumentalizzazioni”, come la banalizzazione dei percorsi terapeutici con la formula “gli dai la roba gratis”. “Dobbiamo farci ferire dalla sofferenza, accoglierla e tentare di capirne le cause ascoltando le richieste di aiuto”, ha esortato, ricordando che “la crescente complessità clinica, con l’aumento delle doppie diagnosi, richiede un’attenzione ancora maggiore”. Guardando al futuro, ha concluso: “L’incontro odierno non deve restare un episodio isolato, ma segnare l’inizio di un percorso permanente… una rete che aiuti tutti a sentirsi meno soli e più forti anche nell’interlocuzione con le istituzioni”.
Walter Nanni, sociologo Caritas, ha presentato i dati 2023-2024: tra i 15-19enni l’uso di sostanze legali e illegali è più diffuso tra i maschi, eccetto gli psicofarmaci senza prescrizione, prevalenti tra le femmine. “Per i giovani l’uso occasionale di cannabis è meno rischioso delle sigarette”, ha osservato, ma “spesso non sanno quali sostanze stanno assumendo”.
Don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute, ha sottolineato che le dipendenze da sostanze “richiedono un approccio farmacologico iniziale”, ma il sistema sanitario mostra “impreparazione di fronte alle doppie diagnosi, e la cruciale necessità di integrare la dimensione relazionale nella cura”. Ha introdotto il concetto di “One Health”, che collega salute umana, animale e ambientale, e ha ricordato i cinque determinanti sociali che incidono sulla salute mentale: età, etnia e genere; condizione economica; luogo di residenza; eventi ambientali; condizioni sociali e culturali.
Elena Marta, docente all'Università Cattolica, ha descritto gli adolescenti come fragili e insicuri: “Hanno bisogno di uno sguardo di fiducia preventiva, hanno una grande paura di sbagliare e si sentono inadeguati rispetto agli standard della nostra società iperperformante. Vivono l’errore come un fallimento personale e la loro rabbia nasce dal non sentirsi visti, compresi o ascoltati”. Per Marta la docente all'Università Cattolica, dunque “è necessario promuovere contesti che accendano e sostengano la speranza in caduta libera tra i 16 e i 19 anni, e superare la solitudine della genitorialità costruendo comunità educanti animate da speranza e da un autentico senso del noi”.
“Il mondo della scuola – ha sottolineato Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’educazione, la scuola e l’università, e moderatore dell’incontro - è chiamato a rispondere alla domanda degli adolescenti.
Da Luciano Squillaci, presidente Fict, la denuncia dell’inadeguatezza del sistema: “Non bastano aggiustamenti parziali – ha affermato - l’attuale sistema basato su bisogni e prestazioni è nell’insieme fallimentare. Occorre superare la logica e la retorica dei bisogni e delle prestazioni per un modello fondato sulle relazioni e sulla ricerca di senso e di sé. Bisogna educare al futuro lavorando su sogni, desideri e aspirazioni, costruendo i percorsi con i destinatari”.
“Abitare i vuoti” contro i “pieni” imposti dagli adulti: questo il provocatorio invito di Alessia Pesci (Cnca). “Non si cresce aggiungendo, ma togliendo, togliendo il superfluo per desiderare ciò che manca. Al posto del controllo, occorre aumentare relazione e accoglienza. I ragazzi, ha continuato “cercano vuoti dove sostare, interrogarsi e fare silenzio, ma sostanze e schermi diventano surrogati di relazione/silenzio/vuoto, così la vita muore”. Di qui l’importanza di offrire “spazi di lentezza, accoglienza, riconoscimento e educare alla mancanza perché ciò che manca diventa desiderio e spinta”.
Parole in sintonia con il recente invito di Leone XIV ai giovani cattolici Usa a “non avere paura del vuoto e togliere i pieni che fanno male”, ha chiosato Diaco.
A conclusione del seminario don Marco Pagniello, direttore Caritas italiana, ha indicato la necessità di costruire un percorso “dal basso” riunendo mondi ecclesiali e attori diversi per affrontare la complessa situazione di adolescenti e dipendenze. L’idea è formare “comunità educanti” sui territori. Prossimo passo: 15-20 laboratori in tutta Italia per ascoltare scuole, famiglie, associazioni e realtà giovanili, far emergere bisogni e desideri e definire percorsi da portare avanti, avviando quindi la seconda fase del progetto a livello nazionale.