lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Rimini
di LUCIANO ZANARDINI 28 dic 2018 13:39

Dal dramma della droga a una vita donata

Giuseppe, giovane bresciano, partirà come missionario della Comunità Giovanni XXIII fra i senza fissa dimora di Bucarest in Romania

Tania, Giuseppe, Andrea sono solo alcuni dei giovani che, grazie alla Comunità Papa Giovanni XXIII, sono ritornati a vivere. Giuseppe, bresciano, ha provato l’hashish a 14 anni. Ed è lì che è inizia la spirale verso il vuoto: nascosti dall’apparenza di lavori normali (Giuseppe era un autotrasportatore internazionale), l’esperienza della solitudine porta ad un uso di sostanze sempre nuove. Ora è pronto ad affrontare un nuovo capitolo: partirà come missionario della Comunità Papa Giovanni XXIII fra i senza fissa dimora di Bucarest in Romania. Molte delle nuove vittime di dipendenze si trovano alle prese con il problema della poliassunzione: all’uso di sostanze si affianca sempre più spesso la dipendenza dal gioco d’azzardo, dall’alcol o altro. Il percorso di recupero dura in media tre anni ed è costituito da tre fasi: l’accoglienza, la comunità, il rientro. La prima festa del Riconoscimento è stata celebrata da don Oreste Benzi (nella foto) nel 1995. C’era anche Tania, il 26 dicembre 2018 a Rimini, fra i 100 giovani che hanno celebrerato il riconoscimento del cammino compiuto contro le dipendenze patologiche, concluso nelle comunità terapeutiche della Comunità Papa Giovanni XXIII. Tania, originaria della provincia di Fermo nelle Marche, ha 28 anni. Aveva fumato il suo primo spinello all’età di 14 anni; a 16 anni aveva provato la cocaina e a 17 l’eroina. A 18 anni, fra le crisi epilettiche e due collassi, si era ritrovata ad un passo dalla morte. Tania, oggi, sogna di studiare scienze dell’educazione. Nella Parrocchia della Resurrezione, che fu di don Oreste Benzi, circa 300 familiari hanno stretto la mano ai propri figli ritrovati. “Vedevo intorno a me chi portava i figli a scuola, chi andava al cinema, un po’ mi rendevo conto che c’era un’altra vita possibile. Ma è stata soltanto la paura di morire - racconta - a portarmi a chiedere aiuto” . Ha dovuto lavorare molto su di sé in questi anni, in un cammino che le è costato fatica: “In comunità ho concluso la scuola dell’obbligo e ho instaurato relazioni vere. Il passaggio fondamentale è stato quello di riscoprire me stessa, di ritrovare l’autostima, di vincere l’imbarazzo nelle relazioni con gli altri”. In tanti hanno scoperto le droghe nella prima adolescenza: Andrea di Genova, che è diventato riferimento di una comunità terapeutica, ha provato la cocaina a 17 anni: quando ha deciso di seguire un percorso di recupero, era addetto al controllo qualità di un’importante azienda automobilistica. Bartolomeo Barberis, referente per le dipendenze della Giovanni XXIII, spiega così la proposta educativa: “La liberazione da tutte le forme di dipendenza patologica, sia da sostanze stupefacenti che da comportamenti devianti, è completa solo quando l’individuo si apre ad una ricerca autentica della relazione con l’Assoluto”.

LUCIANO ZANARDINI 28 dic 2018 13:39