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Roma
di ALBERTO BAVIERA 03 mag 2021 11:37

Dal 2008 in Italia nascite in riduzione

“Il 2020 segna l’ennesima riduzione delle nascite che sembra non aver fine”. Nel volgere di 12 anni si è passati da un picco relativo di 577mila nati agli attuali 404mila, ben il 30% in meno. Alla contrazione dei progetti riproduttivi, con un tasso di fecondità totale sceso lo scorso anno a 1,24 figli per donna da 1,27 del 2019 (era 1,40 nel 2008), si accompagnano anche deficit dimensionali e strutturali della popolazione femminile in età feconda, che si riduce nel tempo e ha un’età media in aumento. Sono le stime dell’Istat che ha diffuso oggi gli “Indicatori demografici” per l’anno 2020.

“Se si fosse procreato con la stessa intensità e con lo stesso calendario di fecondità del 2019, quando si registrarono 420mila nascite, nel 2020 se ne sarebbero osservate circa 413mila, anziché 404mila”, spiega l’Istat, aggiungendo che “il solo effetto strutturale legato al processo di invecchiamento della popolazione femminile in età feconda porta una riduzione, a parità di condizioni, di almeno 7mila nascite. L’ulteriore calo di 9 mila sul 2019 è invece frutto della reale contrazione dei livelli riproduttivi espressi”.

Valutando le nascite per mese, “è significativo osservare – si legge ne report – come la variazione sul 2019 relativa al mese di dicembre risulti, tra tutte, quella massima (circa 3.500 nascite in meno), a sostegno dell’ipotesi secondo cui, in aggiunta al dato tendenziale, anche la pandemia abbia iniziato ad esercitare un effetto riduttivo sulla natalità”. “Un’ipotesi – viene spiegato – che sembra trovare conferma nei dati provvisori relativi a gennaio 2021, in cui si registra un calo delle nascite superiore alle 5mila unità rispetto allo stesso mese dell’anno precedente”.

La riduzione della natalità interessa tutte le aree del Paese, da Nord a Sud, “salvo rare e non significative eccezioni”, nota l’Istat. La fecondità si mantiene più elevata nel Nord del Paese, con 1,27 figli per donna ma in calo rispetto a 1,31 del 2019 (e a 1,44 del 2008). Nel Mezzogiorno scende da 1,26 a 1,23 (1,34 nel 2008) mentre al Centro passa da 1,19 a 1,17 (1,39 nel 2008).

Secondo i primi dati provvisori, nel 2020 sono stati celebrati circa 97mila matrimoni, il 48% in meno dell’anno precedente, per un tasso di nuzialità che crolla dal 3,1 per mille all’1,6 per mille.

Secondo il Sistema di sorveglianza nazionale integrata dell’Istituto superiore di sanità, nel corso del 2020 sono stati registrati 75.891 decessi attribuibili in via diretta a Covid-19. Tuttavia, come già evidenziato, l’incremento assoluto dei decessi per tutte le cause di morte sull’anno precedente è stato pari a +112 mila. Sono le stime che l’Istat ha diffuso oggi con gli “Indicatori demografici” per l’anno 2020. “Se da un lato è possibile ipotizzare che parte della mortalità da Covid-19 possa essere sfuggita alle rilevazioni, dall’altro – viene spiegato – è anche concreta l’ipotesi che una parte ulteriore di decessi sia stata causata da altre patologie letali che, nell’ambito di un Sistema sanitario nazionale in piena emergenza, non è stato possibile trattare nei tempi e nei modi richiesti”. “In attesa degli approfondimenti sui dati dettagliati per causa di morte, che nello specifico ripercorrono le fasi di ciascun singolo decesso del 2020 (dalle cause iniziali alle complicanze, fino alla causa letale ultima), è possibile effettuare alcune valutazioni di massima”, prosegue l’Istat: “Se, ad esempio, nel corso del 2020 si fossero riscontrati i medesimi rischi di morte osservati nel 2019 (distintamente per sesso, età e provincia di residenza e applicati ai soggetti esposti a rischio di decesso4) i morti sarebbero stati 647mila, ossia soltanto 13mila in più rispetto all’anno precedente, invece dei 112 mila registrati. Ne consegue che la mortalità indotta direttamente/indirettamente da Covid-19 ammonta a 99mila decessi, un livello che può considerarsi come limite minimo”. Infatti, nei primi due mesi del 2020, in una fase antecedente alla diffusione del virus, i decessi sono stati 6.877 in meno rispetto agli stessi mesi del 2019. “È dunque lecito ipotizzare che senza la pandemia i rischi di morte sarebbero stati inferiori e non, come qui è ipotizzato ai fini del calcolo, precisamente eguali”, conclude l’Istat. Dai dati diffusi, delle 99mila unità stimate come eccesso di mortalità 53mila sono uomini e 46mila donne, a riprova che la pandemia ha prevalentemente colpito il genere maschile. Incidenza maggiore si ha avuta anche al Nord e tra gli anziani.

In base alle stime, al 1° gennaio 2021 gli stranieri residenti in Italia ammontano a 5 milioni 36mila, in calo di 4mila unità (-0,8 per mille) rispetto a un anno prima. Nel conteggio concorrono a saldo 128mila unità in più per effetto delle migrazioni con l’estero (di cui 174mila iscrizioni e 46mila cancellazioni), 51mila unità in più per effetto della dinamica naturale (60mila nati stranieri contro 9mila decessi), 84mila unità in meno per effetto delle revisioni anagrafiche e circa 100mila unità in meno per acquisizione della cittadinanza italiana.

ALBERTO BAVIERA 03 mag 2021 11:37