Maternità e lavoro: ancora troppe barriere
La denuncia nel corso dell'evento “Scegliere di essere genitori oggi. Il punto su natalità, condivisione della cura e conciliazione in Italia” tenuto alla Camera dei Deputati
Quasi il 50% degli uomini italiani tra i 18 e i 34 anni vorrebbe un congedo di paternità superiore ai tre mesi, mentre attualmente quello obbligatorio è di soli dieci giorni, il più breve d’Europa. E ancora: il 20% dei padri – contro appena il 7-11% delle madri – ritiene che cura dei figli e decisioni domestiche spettino principalmente alle donne. Sono alcuni dei dati emersi stamani alla Camera dei Deputati durante l’evento “Scegliere di essere genitori oggi. Il punto su natalità, condivisione della cura e conciliazione in Italia”, promosso da Elena Bonetti, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto.
Le ricerche presentate – il white paper “Rimuovere le barriere alla maternità” (Valore D e Fuori Quota) e “State of Southern European Fathers” (Equimundo) – confermano il ritardo italiano rispetto a Spagna e Portogallo sul fronte dei congedi e della cultura della cura condivisa. In Italia una donna su cinque lascia il lavoro dopo la maternità, mentre il tasso di occupazione femminile resta il più basso in Europa (52,5%). “Il coinvolgimento dei padri è essenziale per il benessere dei bambini e per la parità di genere – ha sottolineato Giorgio Tamburlini, presidente CSB –. Per colmare il divario servono congedi paritetici, più servizi per l’infanzia e misure strutturali di conciliazione”.
Il 16% delle donne in Italia abbandona il lavoro dopo la nascita di un figlio. Poco più di una su due è occupata, e una su cinque lascia l’impiego dopo la maternità. Sono dati che fotografano le difficoltà di conciliazione vita-lavoro e che emergono dal whitepaper “Rimuovere le barriere alla maternità”, presentato oggi alla Camera insieme allo studio “State of Southern European Fathers”.
Il documento di Valore D e Fuori Quota, realizzato con il supporto di Bain & Company, individua cinque momenti chiave su cui intervenire: recruiting, ingresso in azienda, gravidanza, rientro e avanzamento di carriera. Tra le misure proposte: CV anonimi, formazione sui pregiudizi, flessibilità al rientro, childcare allowance, breastfeeding room e sportelli di ascolto per neogenitori. “Le aziende hanno dimostrato di poter innovare, ma il salto di qualità avviene solo con politiche pubbliche mirate – ha osservato Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D –. La genitorialità può diventare una leva di crescita per persone e imprese”. Secondo il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto, Elena Bonetti, “la sfida demografica richiede un approccio sistemico. Abbiamo introdotto la valutazione di impatto demografico nella legge di contabilità dello Stato: è un passo per orientare le politiche a sostegno delle famiglie”.