Venezia: il centenario di Franco Passarella
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Nel centenario della nascita di Franco Passarella, il Patriarca Francesco Moraglia, monsignor Domenico Sigalini, Vescovo emerito, e padre Tiziano Sterli Preposito degli Oratoriani della Pace di Brescia hanno concelebrato una Messa solenne nella Basilica di San Marco in Venezia.
Le parole dell’evangelista Giovanni ben racchiudono l’alto significato del sacrificio di Franco, un ragazzo di diciotto anni appena. Un giovanissimo partigiano partito nel 1944 per le montagne della val Camonica con il Vangelo nello zaino.
Passarella, nato a Venezia il 25 ottobre 1925 e vissuto anche a Brescia, dove ha frequentato il liceo classico “Arnaldo”, fu barbaramente ucciso il 25 giugno 1944 al Carolecc, sui monti lombardi.
Nella Basilica veneziana, gremita di fedeli, sono risuonate forti le parole del Patriarca: “Viviamo quest’Eucaristia in un luogo fortemente significativo e simbolico: è la chiesa cattedrale, la Chiesa Madre della diocesi, dove Franco Passarella ha svolto i suoi primi servizi liturgici di giovanissimo tarsiciano”, ha sottolineato. “La cripta di questa Basilica Cattedrale è il luogo dove egli pronunciò nel 1940 l’atto di aggregazione al Collegium e dove sono custodite le spoglie mortali del Cardinale Pietro La Fontaine, fondatore del Collegium Tarsicii di Venezia che, insieme a mons. Ugo Camozzo - suo segretario e Presbyter del Collegium - si spese nella formazione umana e cristiana dei tarsiciani e, quindi, di Franco. Oggi siamo invitati a rivivere un momento di storia veneziana e a cogliere la bellezza e anche la drammaticità della testimonianza di vita e di fede di questo tarsiciano nato 100 anni fa in questa città e che poi visse la sua breve esistenza a Brescia, dove si unirà ai partigiani e al gruppo di resistenti cattolici denominato Ribelli per amore.
Significativa ed appassionata la predica del Vescovo emerito, monsignor Domenico Sigalini, di origini bresciane. “Il gesto di Franco è un messaggio di fede che noi vogliamo rimanga e sia conosciuto da tutti. Il Signore ha le sue strade. Ma non possono essere i ladri, quelli che gli hanno tolto la vita, a decidere della vita di una persona. San Giovanni Paolo II ci insegna che non ci sono solo i martiri antichi, quelli uccisi al tempo dei romani. Martiri sono anche coloro che danno la vita per la verità e la giustizia. Questo è il caso di Franco”.
In Basilica erano presenti anche il Magister Daniele Spero, il Presbyter don Morris Pasian e Davide Zammattio del Collegium Tarsicii Martyris di Venezia, prestigiosa istituzione eucaristico liturgica ivi fondata nel 1918.
“Franco”, ha ricordato Davide Zammattio nel suo commuovente discorso, una documentata ricostruzione della storia e della vita del ragazzo e della famiglia Passarella, “seguiva l’ideale della purezza del giovane, insegnatogli da Camozzo: era soprannominato “il Puro”. Il vescovo Manziana lo ricordava come “un mistico”. Prima di partire per la montagna, aveva scritto nel diario: L’impronta della morte dà valore alla moneta della vita, rendendo possibile il comprar con la vita quanto è veramente prezioso. Mons. Olivotti, che fu Presbyter di Franco, nel necrologio che scrisse, lo ricordò come “non solo l’eroe partigiano, ma l’eroe cristiano, colui che così profondamente sentì la propria fede da saperla tradurre in pratica fino al Martirio”.
A Brescia nel dicembre del 1946 furono celebrati funerali solenni, cittadini e militari. Era l’ultimo dei Ribelli per amore dell’Oratorio della Pace a tornare a casa.
Ma quando la bara di Franco uscì nella piazza, come riportano le cronache di allora, i presenti notarono levarsi un volo di colombi. Una colomba bianca, invertendo il volo, scese dall’alto volando verso la bara fino a sfiorarla così come era accaduto a Venezia, in piazza San Marco, ai funerali del santo patriarca La Fontaine. Una colomba bianca, simbolo cristiano di pace.