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di CELSO VASSALINI 07 ago 2025 10:21

Brescia, Comune della Conciliazione

L’intervista a Manlio Milani, Presidente dell’Associazione familiari dei caduti, sulla mozione Ramelli, suscita riflessioni profonde. Concordo con lui sul fatto che si sia “voluto creare una frattura”, ma, con il massimo rispetto verso la sua figura, non condivido la sua dichiarazione: “non credo alla Conciliazione”. Il pensiero del Dott. Milani sulla conciliazione è intrinsecamente legato alla sua rigorosa testimonianza della memoria, una posizione che è certamente indiscutibile e degna di rispetto. Tuttavia, la sua idea di non credere alla conciliazione sembra derivare dalla convinzione che un percorso superficiale o semplicistico non sia adeguato, soprattutto quando si tratta di tutelare i diritti della memoria collettiva. Milani sottolinea che la vera conciliazione richiede una trasformazione sociale profonda, nel contesto personale e comunitario. Ritengo che questa prospettiva possa realmente indicare l’unica via per andare oltre la memoria come mero ricordo, creando invece un terreno fertile per un autentico cambiamento. Dialogo, accordo e condivisione sono strumenti fondamentali, ma è solo attraverso un radicale processo di trasformazione che si possono raggiungere significativi progressi verso una riconciliazione duratura. Guardando al passato, non si può ignorare quanto accaduto all’indomani della Liberazione. La ritrovata libertà di stampa e la rinascita del dibattito politico-istituzionale dopo le atroci esperienze del fascismo e delle stragi hanno rappresentato momenti cruciali per ridisegnare le basi della convivenza democratica. Tra mille difficoltà, ferite e cicatrici profonde, è stata proprio la faticosa ricerca di una riconciliazione a sostenere il processo di costruzione del nuovo assetto delle comunità italiane. Il dialogo e il confronto, quindi, sono stati gli strumenti essenziali per ripartire. In questo solco storico e culturale, Brescia ha avuto un ruolo emblematico. Stremata e ancora alle prese con le ombre lasciate da vent’anni di dittatura fascista, la città ha dovuto affrontare una difficile verità “ancora nebulosa” e iniziare un percorso verso una nuova consapevolezza. Da qui emerge l’importanza di coltivare una cultura della conciliazione nelle sue molteplici declinazioni democratiche — siano esse sociali, cristiane, progressiste o liberali — per costruire un futuro più solido e inclusivo. Al riguardo, mi rivolgo agli amici dell’ANPI e ad altre realtà sociali e politiche: è necessario un ripensamento storico più ampio. Non aprire sufficientemente questo tipo di riflessione costituisce, a mio avviso, uno sfregio alla Costituzione e alla nostra comunità. Come semplice cittadino, propongo un gesto simbolico che possa stimolare tale riflessione: aggiungere all’ingresso della città di Brescia la scritta «Comune della Conciliazione». San Paolo VI ci insegna quanto il dialogo possa fare miracoli. Nell’enciclica Ecclesiam suam del 1964, Papa Paolo VI invitava al dialogo sia all’interno della Chiesa sia al di fuori di essa, con altre confessioni cristiane e con religioni differenti. “La Chiesa deve venire a dialogo con il mondo, con le comunità in cui si trova a vivere”, scriveva il Pontefice, sottolineando l’importanza della memoria quale fondamento della conciliazione. Questo approccio ci ricorda quanto sia essenziale trovare punti di incontro anche nei momenti più complessi. Da queste considerazioni nasce una proposta concreta. Per sottolineare il legame culturale tra memoria e conciliazione e per simbolizzare una svolta significativa — sia politica che culturale — penso che sarebbe opportuno realizzare una gigantografia della Vittoria Alata da collocare in Piazza Vittoria. Un’immagine che possa rappresentare l’aspirazione comune di “Vinti e Vincitori” verso un futuro basato su dialogo e riconciliazione.

CELSO VASSALINI 07 ago 2025 10:21