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Rumbek
23 dic 2022 08:30

Che cos'è l'uomo?

La testimonianza di mons. Christian Carlassare, vescovo di Rumbek in Sud Sudan

A Natale non chiedo altro dono che questo perché il tuo volto umano Signore io cerco fa' dunque che lo contemplino i miei occhi e le mie mani lo possano accarezzare e il cuore esultare della sua bellezza.

Per te nasco in Africa da ormai 18 anni, figliolo mio e questa volta mi troverai rifugiato sotto un albero di Rumbek bambino dalla pelle scura raccolto nelle braccia di una madre sola non sdegnarti della mia condizione a causa dei miei fratelli scartato e venduto per un paio di sandali o poco più.

È lì che nasco e non altrove, così inaspettatamente fra gente umiliata, accasciata nel fango con le gambe rotte vittima di subdola violenza e sconsiderata brama di ricchezza.

Nasco in una comunità determinata a rialzarsi pur di far pace custodendo la dignità, testimoniando la verità, operando la giustizia.

Se siamo privati della grazia del tuo volto non c’è rimedio all’umiliazione e di fatto non può esistere nessuna bellezza riflessa nel mondo se non c’è emancipazione dagli istinti tribali dell’amico nemico e s’impara a vivere la solidarietà tra gli umiliati come norma di vita riconoscendo, nello sguardo trasparente di Gesù bambino, l’immagine chiara del fratello.

Solo la poesia è in grado di esprimere la bellezza e la gioia del Natale. Dal famoso Astro del Ciel, a questi miei versi improvvisati scritti per condividere i miei sentimenti più profondi nel vivere questo mio primo Santo Natale a Rumbek. Ringrazio il Signore per il dono della vita, di questa nuova nascita fra la gente di Rumbek, con una nuova famiglia che sono i preti, i missionari e missionarie, e tanti laici impegnati in questa diocesi. Senza dimenticare anche i tanti amici, associazioni e gruppi che pregano e ci sostengono in molti modi.

Il 25 Dicembre marcherà i miei primi nove mesi in diocesi. Abbiamo vissuto delle esperienze molto belle. Oltre alle visite di tutte le missioni, ben 16 parrocchie dal territorio molto vasto, con i volti di tante persone diverse, anche la considerazione per le tante opere che la diocesi provvede a servizio della promozione umana e cura della vita. Parlo delle scuole che accompagnano la nostra gioventù dall’infanzia all’età adulta; dei centri salute; della Caritas; senza dimenticare la pastorale sociale compiuta attraverso le attività di promozione della donna, l’impegno nel campo dell’informazione e sensibilizzazione compiuto dalla nostra radio diocesana e l’attenzione ai giovani e ai temi della giustizia e della pace. La Chiesa di Rumbek è una donna previdente che ama i propri figli.

In questi mesi Fondazione Cesar ha lanciato la campagna Team4Peace che si propone di promuovere la riconciliazione e la pace attraverso lo sport così amato dai giovani anche qui a Rumbek pur non avendo grandi opportunità. Ecco che le nostre scuole e parrocchie possono essere ambienti di aggregazione e di crescita dove si impara a coltivare conoscenza e giusta stima di sé, amicizia e solidarietà, disciplina e perseveranza, nonché relazioni basate su decisioni eticamente giuste e il rispetto delle regole. Il lavoro è tanto, e le risorse umane sono limitate. Ma i miracoli non mancano laddove c’è generosità e fede.

Il miracolo della vita, proprio del Natale, si ripete ogni giorno dove c’è un cuore che impara ad amare. In questi giorni il Signore si è fatto presente attraverso una vicenda terribile poi conclusa con un lieto fine. È la storia di Sefora, ragazza quattordicenne, maltrattata dai genitori e fratelli perché rimasta inaspettatamente incinta. “Questa gravidanza fuori del matrimonio ci farà perdere molte vacche” pensavano loro, ben sapendo che la dote per il futuro matrimonio sarebbe stata più misera a causa di questo errore. Indispettiti non si sono trattenuti dal picchiarla per bene. La povera ragazzina era piena di vergogna e confusione. E in casa nessuno le rivolgeva più una parola finché è arrivato il momento del parto. La mamma, come tutte le madri, si è prodigata per facilitare il primo parto della figlia. Ma al primo vagito del bambino, invece di porgerglielo in grembo, gliel’ha strappato via ed è corsa a buttarlo dentro una latrina. Avrà pensato di eliminare la causa di tanto turbamento. Quale terribile gesto! E quanta sofferenza che solo può spiegare tanta disumanità. La grazia è stata che un buon samaritano passando per caso, si è accorto del neonato e lo ha estratto dalla fossa pieno di vermi attaccati al corpo e ormai cianotico. In ospedale hanno offerto il primo soccorso. Poi il bambino è stato spostato all’orfanotrofio delle missionarie della carità (suore di madre Teresa di Calcutta). È lì che Sefora si è presentata per stringersi il proprio bambino al petto: un abbraccio che apre un varco di umanità fra tanta ingiustizia. L’ho incontrata proprio oggi mentre se lo cullava timidamente. “Come stai, Sefora?” Lei mi risponde annuendo. “E il bambino, come sta?” Lei abbassa lo sguardo e lo guarda non sapendo cosa dire. È vivo per miracolo. “Le hai dato il nome?” chiedo io, “come si chiama?”. E lei alza lo sguardo e mi dice: “Il suo nome è Mabeny”. Nome che in lingua Dinka significa “signore” o anche “ricchezza”. Sì, piccolo Mabeny, nonostante la tua vicenda che forse nessuno ti racconterà mai, per noi hai la dignità di un signore e la tua vita ci è preziosa.

Buon Natale perché la nascita di Gesù ci insegni a riconoscere la dignità e il valore di ogni vita umana!

23 dic 2022 08:30