Nicaragua: grave l'arresto del Vescovo

“Ci uniamo alle richieste della comunità internazionale, che hanno trovato voce anche nelle recenti dichiarazioni del Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, António Guterres. Chiediamo pertanto ai responsabili politici di garantire la libertà di culto e di opinione non solo agli esponenti della Chiesa cattolica, ma a tutti cittadini”. Lo scrive il presidente della Cei, il. card. Matteo Zuppi, nella lettera che ha inviato a mons. Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, vescovo di Jinotega e presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua, a seguito delle recenti azioni contro la Chiesa locale. Una lettera in cui si esprime “la nostra vicinanza e la nostra solidarietà all’Episcopato e all’intera Chiesa nicaraguense”. “Con sgomento e incredulità riceviamo notizie delle dure persecuzioni che il popolo di Dio e i suoi pastori stanno subendo a motivo della fedeltà al Vangelo della giustizia e della pace”, aggiunge il cardinale.
Il presidente della Cei ricorda, inoltre, che “nelle ultime settimane abbiamo seguito con preoccupazione le decisioni assunte del governo nei confronti della comunità cristiana, attuate anche attraverso l’uso della forza ad opera delle forze militari e di polizia”. “Ultimamente abbiamo appreso dell’arresto di mons. Rolando José Álvarez Lagos, vescovo di Matagalpa, insieme ad altre persone, tra cui sacerdoti, seminaristi e laici – riferisce il card. Zuppi –. Si tratta di un atto gravissimo, che non ci lascia insensibili e che ci induce a tenere alta l’attenzione su quanto accade a questi nostri fratelli nella fede”. Quindi, il presidente della Cei afferma che “le circostanze e il contesto di tali arresti destano particolare apprensione non solo perché prendono di mira i cristiani a cui è impedito il legittimo esercizio del proprio credo, ma perché si inseriscono in un momento in cui i più elementari diritti umani appaiono fortemente minacciati”.
Infine, il card. Zuppi assicura al presidente dei vescovi del Nicaragua, ai confratelli nell’episcopato, a tutti i credenti e a tutti i cittadini del Nicaragua, “la nostra preghiera e la nostra costante attenzione agli eventi che li riguardano in questo momento di particolare sofferenza”.

Perché Francesco tace? Questi sono i fatti. Francesco fu decantato da Ortega come “amico della rivoluzione sandinista”. Il guaio è che Francesco non si è mai sottratto a questa utilizzazione della sua persona da parte di Ortega. Francesco non ha mai speso una parola pubblica in difesa della Chiesa nicaraguense. Contro i vescovi più invisi al regime sono scattate persino delle minacce di morte. All’ausiliare di Managua Silvio Báez, il regime mosse la falsa accusa di tramare un colpo di Stato e Ortega chiese a Francesco di richiamarlo all’ordine. Contro la sua volontà, il papa lo trasferì nel 2019 da Managua a Roma, con la promessa di assegnarli un posto nella curia vaticana. Ma non se ne fece nella e Báez vive oggi in esilio a Miami, sempre impegnato per la libertà del suo Paese. Ai primi di luglio il regime non ha risparmiato neppure le suore di Santa Teresa di Calcutta, ordinandone l’immediata espulsione dal Paese. Dal Vaticano, nemmeno il minimo cenno all’espulsione delle suore di Santa Teresa di Calcutta. Sulla persecuzione in Nicaragua il silenzio della sede di Pietro è sempre più assordante.