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Brescia
di SILVIA ROSSETTI 07 ott 2019 13:11

Chat di classe: spazio per perditempo

Tra gli irrinunciabili riti di inizio anno scolastico è ormai consolidata l’istituzione della “chat di classe” su whatsapp. Non di rado nelle chat i genitori dimostrano di non avere una posizione così equilibrata e adulta nell’uso di questi strumenti

Tra gli irrinunciabili riti di inizio anno scolastico è ormai consolidata l’istituzione della “chat di classe” su whatsapp. E’ un fenomeno bidimensionale, infatti si verifica a un doppio livello: chat degli studenti e chat dei genitori. Le diverse estensioni 2.0 della classe hanno vita parallela, ma intenti (almeno apparentemente) comuni: offrire un supporto agli studenti per compiere nel migliore dei modi il percorso scolastico. La chat di classe è soltanto una delle manifestazioni virtuali possibili: la rete, infatti, offre infinite occasioni. Si può aprire, a nome della classe di appartenenza, un profilo Instagram, o Twitter, una pagina Facebook. Insomma, la scuola ha vita propria anche al di fuori delle sue quattro mura. Ma le estensioni virtuali hanno impatto positivo o negativo sul gruppo classe? E soprattutto come vengono utilizzate prevalentemente? Difficile esprimere un giudizio assoluto sulla positività o negatività del fenomeno. L’osservazione più sensata dice che esse sono ormai di un dato di fatto. Le chat esistono e fanno parte del “pacchetto” classe. I ragazzi le utilizzano per scambiarsi informazioni, notizie sui compiti, per fare qualche battuta. Naturalmente le modalità di comunicazione delle chat sono strettamente legate al tipo di assortimento che le compone. Gli studenti “incontinenti”, per esempio, sulla chat vanno a ruota libera. Spammano, trollano, insultano, sono inopportuni e stonati rispetto al tenore delle conversazioni altrui. Difficile arginarli, a volte vengono bannati dopo poche settimane. Poi ci sono i “copioni”, quelli cioè che in chat chiedono di copiare i compiti degli altri. Niente di più facile oggi: si scatta una foto e si carica e il gioco è fatto

La pratica di scambiarsi e copiarsi i compiti è forse la più diffusa nelle chat di classe e, se accompagnata all’abuso di altri strumenti facilmente reperibili in rete come traduttori, siti dove si trovano soluzioni di test di verifica, versioni di greco e latino svolte e applicazioni che risolvono anche le più complicate espressioni algebriche, il danno didattico che ne consegue è veramente importante. Dalla chat di classe alla versione “laboratorio del copia-copia” il passo può essere davvero breve e deleterio. In altri casi, invece, la chat diventa uno spazio per scambiare opinioni o “fare gruppo”. Ma l’esperimento relazionale può avere diverse sfaccettature e, in alcuni casi, assieme alle manifestazioni d’affetto e alle pratiche di socializzazione, si fanno strada anche velate forme di cyberbullismo, o pratiche vagamente persecutorie o emarginanti nei confronti di qualcuno dei compagni. E’ chiaro che si parla di situazioni che non rientrano nella norma, ma in maniera occasionale in tutte le chat (o quasi) si affacciano modalità discutibili e un po’ deviate della comunicazione. Certo non si può neppure negare che queste espansioni online siano anche delle risorse. Per gli studenti che si assentano, ad esempio, magari per motivi di salute o per questioni gravi, rappresentano un filo diretto con la classe. Inoltre permettono anche di fare da cassa di risonanza a eventuali criticità emerse durante la giornata a scuola e se le modalità di “rilanciare” gli argomenti sono corrette, allora la chat diventa davvero una “finestra” utile e fruibile nei pomeriggi di studio a casa.

Altro grande rischio è che la partecipazione degli studenti diventi compulsiva e interferisca con la concentrazione nello studio. Rispondere e leggere continuamente messaggi non aiuta certo a impegnarsi sul testo assegnato e intanto il tempo scorre. Ancora una volta torna il confronto fra educatori e giovani alle prese con l’impatto dei social nel quotidiano vivere e, ancora una volta, la risposta è una soltanto: occorre educare i nostri nativi digitali all’uso corretto (e proficuo) dei socialmedia. Dovrebbe occuparsene la scuola, ma anche le altre agenzie educative che sono inevitabilmente coinvolte nello stesso meccanismo. Dovrebbero occuparsene anche i genitori, i quali però non di rado nelle chat parallele dimostrano di non avere una posizione così equilibrata ed adulta nell’uso di questi strumenti. Insomma, urge una riflessione comune. Magari de visu..

SILVIA ROSSETTI 07 ott 2019 13:11