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28 gen 2016 00:00

Corpo e anima

Spesso dimentichiamo che la misericordia non può essere fatta solo di belle parole o di nobili sentimenti, ma deve diventare solidarietà concreta... L'editoriale del n°4 di "Voce" è di don Adriano Bianchi

Spesso dimentichiamo che la misericordia non può essere fatta solo di belle parole o di nobili sentimenti, ma deve diventare solidarietà concreta che porta salvezza. Ce lo ricorda papa Francesco nel messaggio per la Quaresima, presentato lo scorso 26 gennaio, in cui il Pontefice sottolinea che “le opere di misericordia corporale e spirituale ci ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati”. Un movimento che ci interpella non solo a livello personale, certo, ma anche nell’impegno sociale e pubblico proprio perché in gioco vi è la salvezza del mondo. Saremo invitati pertanto a compiere, ancora una volta, questo itinerario.

Da un lato il percorso personale tocca il livello della coscienza, ma dal punto di vista della società prendere sul serio queste “opere” significa non smettere di favorire il legame tra relazioni e azioni e tentare di coinvolgere sempre tutta la città degli uomini in un cambiamento non privo di una direzione e di una meta. Le stesse opere sono direzione e meta per una riappropriazione del vivere sociale comunitario e per far diventare prassi e forma comportamenti sociali virtuosi. La misericordia corporale ad esempio ci ricorda che il corpo della città è spesso ferito. Le ferite vanno conosciute, sanate. Attorno ad esse la comunità che vive nella città può trovare la strada per un impegno comune. Si fa prossima e si prende responsabilmente in carico i bisogni dei suoi membri. Il corpo ferito della città scandalizza, scuote, esige risposte. Come dare ancora oggi da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire ignudi, alloggiare pellegrini e forestieri, visitare infermi e carcerati e seppellire tutti i morti? Curare il corpo sociale è un’esigenza etica imprescindibile e chiama in causa tutti. In secondo luogo le opere di misericordia spirituale chiamano in causa l’anima della città. Una città potrebbe essere anche bella, ma senza un’anima è una città senza storia e senza futuro. L’anima di Brescia campeggia su Palazzo Loggia incisa nel marmo: “Brixia fidelis fidei et justitiae”.

Un motto che esprime l’anima del corpo cittadino; il richiamo alla sua origine; lo stile con cui affrontare i problemi di ogni tempo e l’orizzonte per non perdere i tratti della sua identità. Curare l’anima del corpo sociale e comunitario ha bisogno di azioni e ispirazioni precise e “movimenti” che le opere di misericordia spirituale suggeriscono educano il “cuore” della città a restare fermo nella sua fedeltà alla fede e alla giustizia. C’è ancora spazio per consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori e consolare gli afflitti, perdonare offese e sopportare pazientemente le persone moleste oltre che per pregare Dio per i vivi e per i morti? Forse la Quaresima dell’anno giubilare ispirerà qualcosa di nuovo in una città che la cronaca ci restituisce troppo spesso smarrita.
28 gen 2016 00:00