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di GIANLUCA MANGERI 11 ott 2018 09:00

Il cammino condiviso

“La speranza è importante come l’aria che respiri”: sono parole di un malato oncologico che dicono quanto sia fondamentale questa dimensione in chi attraversa il “tempo del cancro"

“La speranza è importante come l’aria che respiri”: sono parole di un malato oncologico che dicono quanto sia fondamentale questa dimensione in chi attraversa il “tempo del cancro”. La speranza ha una forza trascinante che dà senso in tutti i momenti, talora drammatici, che costellano questo tempo: la diagnosi, l’inizio di un trattamento aggressivo (chirurgia, radioterapia, chemioterapia), talvolta il ripresentarsi della malattia con la conseguente ripresa dei trattamenti e poi la cura palliativa a domicilio o in Hospice. Tutti questi tempi assumono un senso se si arricchiscono di speranza e questo processo può essere facilitato e aiutato se c’è qualcuno accanto che li condivide, che cammina insieme affrontando i momenti di shock, rabbia, paura, angoscia, rassegnazione, stanchezza, depressione, paura, rifiuto. Il cammino di un malato oncologico è un cammino in salita, mai certo, pieno di imprevisti e che può mettere a dura prova anche la fede più granitica. Per questo accompagnare un malato di tumore significa avvicinarsi in punta di piedi dopo tanta preghiera perché è lo Spirito Santo il protagonista dell’accompagnamento. È fondamentale perciò la docilità allo Spirito e lasciare che Lui susciti l’ascolto, le parole e gesti di condivisione. Ascoltare la sofferenza di un malato oncologico richiede tempo, impegno notevole di energie psichiche e spirituali: si tratta, infatti, di raccogliere racconti di grande sofferenza, di perdite di amicizie, di stravolgimento di rapporti familiari, talvolta storie di veri e propri abbandoni. L’ascolto aiuta ad aprirsi al dialogo, a mettere ordine e dare un nome ai sentimenti, a trovare un senso al proprio vissuto nell’orizzonte della fede.

Dall’ascolto poi nasce “la parola” che essendo suscitata dallo Spirito esce al momento giusto e tocca là dove deve toccare. Bastano una o poche parole autentiche per “scaldare i cuori” e aiutare a sperare. L’ascolto e la parola assumono una maggiore efficacia quando sono accompagnati da gesti: il modo di parlare, di stringere la mano, di abbracciare porta al malato qualcosa della vicinanza di Dio che si è fatto vicino, ha preso un corpo con piedi, viso, occhi, mani. Servono piedi per andare incontro. Viso ed occhi per trasmettere comprensione ma anche talvolta per piangere insieme. Mani per accarezzare, abbracciare, pregare insieme stringendosi reciprocamente. Un grande accompagnatore di malati oncologici è stato Luciano Silveri che ha raccontato la sua esperienza nel libro “Cammini di liberazione”. Nel suo modo di accompagnare i giovani malati traspare la sua straordinaria docilità allo Spirito. Il suo ascolto profondo fa aprire al dialogo, le sue parole ed i suoi gesti sono come frecce colpiscono nel segno e attivano la speranza. Anche il “tempo del cancro” se accompagnato in tal modo può diventare un kairos, un tempo favorevole, di grazia per vivere la vita respirando a pieni polmoni la Speranza e intraprendere insieme cammini di “senso” e di liberazione.

GIANLUCA MANGERI 11 ott 2018 09:00