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di ADRIANA POZZI 16 apr 2015 00:00

Il senso di una presenza

La chiesa valdese ha sempre messo al centro della sua spiritualità un fortissimo legame con la Sacra Scrittura

Nei giorni scorsi si è celebrato il centenario del tempio della comunità valdese a Brescia e i mass media hanno dato ampio spazio alla sua storia e alle vicende che l’hanno vista protagonista in questi 100 anni nel contesto cittadino, soprattutto negli ultimi decenni. Ma tutto ciò rischia di rimanere su un piano solo teorico, mentre vale la pena di scoprire che cosa ha significato e significa questa presenza per la Chiesa e quale ricchezza essa sia per tutti. La chiesa valdese, nata da un’esperienza molto simile a quella di San Francesco (Valdo, il suo fondatore, verso la fine del sec XII, diede vita a un movimento ispirato agli stessi ideali che pochi anni più tardi mossero il poverello di Assisi), ha sempre messo al centro della sua spiritualità un fortissimo legame con la Sacra Scrittura che, fin dagli inizi, era letta e commentata molto ampiamente. Anzi, Valdo, in anticipo di secoli rispetto alla Chiesa cattolica, fece tradurre, nella lingua volgare, i testi sacri, manifestando una sensibilità davvero aperta e lungimirante e favorendo la diffusione e la conoscenza di essi.

Di questo siamo certamente debitori a lui e a tutti i fratelli della Riforma in quanto hanno richiamato, con pazienza, determinazione e non senza difficoltà, il ruolo centrale della Parola di Dio nella vita dei cristiani, aiutando anche noi cattolici ad accostarci senza timore al testo sacro. Un altro aspetto che va sottolineato è che nell’esperienza della Chiesa valdese (che dal secolo XVI è una confessione protestante vicina al calvinismo), c’è sempre stata molta attenzione all’accoglienza, forse perché essa stessa è stata una chiesa perseguitata ed emarginata anche in Italia fino al 1848: così, oggi essi vivono l’integrazione e lo scambio delle culture con uno spirito esemplare di grande apertura, di cui è testimonianza la vivacità della comunità bresciana.

E ancora non possiamo tacere, sebbene sul tema del sacerdozio femminile le posizioni siano del tutto divergenti, la storica sensibilità verso la donna che si è sempre tradotta nel riconoscimento di spazi e ruoli molto importanti all’interno delle chiese anche in tempi lontani, con scelte moderne e coraggiose. Come coraggioso è sempre stato il principio democratico ispiratore della vita di ogni comunità in base al quale vengono prese tutte le decisioni: anche in questo caso,uno stimolo a pensare o ripensare la gerarchia in termini soprattutto di servizio piuttosto che di potere, recuperando il senso profondo del ministero.
ADRIANA POZZI 16 apr 2015 00:00