di GABRIELE BAZZOLI
18 gen 2016 00:00
L'addio al "chiesese"?
Questa lingua conosce parole bellissime ma che sembrano difficili: penso a redenzione, a salvezza, a provvidenza, a grazia...

Le parole scritte con la K, quelle senza spazi un po’ maiuscole e un po’ minuscole, i TVB stanno abbandonando le nostre comunicazioni. Dante ha tirato un bel sospiro di sollievo. Il messaggese sta per morire, senza lasciare rimpianti: che lo sostituiscano testi pieni di faccine e simboli è un effetto collaterale che possiamo accettare.
Un’altra lingua agonizzante, nel frattempo, aspetta di conoscere il proprio destino: il chiesese. Questa lingua conosce parole bellissime ma che sembrano difficili: penso a redenzione, a salvezza, a provvidenza, a grazia. Cosa significa che Gesù Cristo ci ha redento? Cosa ha dovuto riscattare? E potremmo continuare…
A questi concetti non possiamo rinunciare e, laddove mancano i prerequisiti culturali per una loro piena comprensione, sentiamo la necessità di porre rimedio, perché non capire alcune parole significa non poter apprezzare la totalità della nostra fede e della nostra realtà di uomini.
Ma il chiesese raccoglie anche una serie di parole ed espressioni inutili o facilmente sostituibili, parole che a volte sono prese da un passato che non tornerà o che sembrano espressioni di un linguaggio per iniziati: dopo aver composto un primo divertente elenco ho deciso di rinunciare a riportarlo per non urtare la sensibilità dei lettori.
Una bella sciacquatura in Arno sarebbe davvero benvenuta: scopriremmo quante parole non necessarie hanno reso incomprensibili dei contenuti semplici ed essenziali. E riscopriremmo più facilmente altre parole, che sembravano desuete e che – spiegate e contestualizzate – possono tornare a seconda vita: come misericordia. “Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi”.

GABRIELE BAZZOLI
18 gen 2016 00:00