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di LUCIANO ZANARDINI 01 set 2016 17:13

La denatalità minaccia il futuro

Troppe polemiche pretestuose hanno interessato il Fertility Day che, invece, ha il merito di porre l'attenzione su un tema vitale per il futuro della società

Forse le immagini scelte non erano le più appropriate. Ma il Fertility Day ha un senso, piaccia o no. E ha un merito quello di ribadire il “Prestigio della Maternità”. Si inserisce in un piano più ampio che ha degli obiettivi ambiziosi: informare i cittadini sul ruolo della fertilità nella loro vita, sulla sua durata e su come proteggerla evitando comportamenti che possono metterla a rischio (alcol, droga...); fornire assistenza sanitaria qualificata per difendere la fertilità,  promuovere interventi di prevenzione e diagnosi precoce al fine di curare le malattie dell'apparato riproduttivo e intervenire, dove possibile, per ripristinare la fertilità naturale; sviluppare nelle persone la conoscenza delle caratteristiche funzionali della loro fertilità per poterla usare scegliendo di avere un figlio consapevolmente ed autonomamente; operare un capovolgimento della mentalità corrente volto a rileggere la fertilità come bisogno essenziale non solo della coppia ma dell’intera società. Siamo partiti dal testo della campagna del Ministero perché l'impressione diffusa è che in molti non l'abbiano neppure letto... Qui si parla di prevenzione. Non si fanno riferimenti a chi, purtroppo, deve affrontare delle patologie. E al Ministero della salute non è chiesto di fare una riflessione sociologica (meno asili, meno tutele, meno sicurezza...) ma di occuparsi di salute. La campagna non parla a chi è costretto per una serie di motivi (single, instabilità lavorativa...) a non aprirsi alla vita o a chi in maniera libera sceglie di non avere figli o a chi non può averli... Si rivolge piuttosto a chi pensa di rimandare e poi scopre che la fertilità non è eterna o che alcuni comportamenti considerati "normali" possono metterla a rischio. 

Viviamo un tempo nel quale siamo portati a pensare che l'uomo possa decidere sempre e comunque della vita. Mi spiego: in questo momento non voglio avere figli, ma magari tra 15 anni sì... oggi non ci penso, domani vediamo... E se la natura chiede il conto (la fertilità non è eterna) possiamo sempre ricorrere alla tecnica (congelare gli ovuli o altro per intendersi), perché in fondo basta pagare e tutto si può raggiungere... E così abbiamo a portata di mano una presunta libertà molto onerosa. 

L’investimento migliore che una società come la nostra (parlo dell’Italia) può fare è sui figli. Se è vero che la crisi mette tutti in apprensione e può inevitabilmente creare un clima generale di sfiducia, è altresì vero che così siamo portati a rinchiuderci… Poi possiamo ammettere che mancano le politiche per la famiglia (c’è anche anche chi, come l’on. Sberna, in tempi recenti ha chiesto a gran voce al Governo di avere un ministro per la famiglia), ma non possiamo limitarci a questo. Tutti più o meno ci siamo convinti che un figlio è già “tanta roba”, figurarsi due… Resta il fatto, ed è qui che il ministro Lorenzin voleva arrivare, che così facendo la nostra società va incontro alla morte.

Lasciamo perdere, per una volta, l’importanza della vita come dono, ma concentriamoci solo sull’aspetto più materiale: il declino demografico minaccia l’economia. E si sono accorti di questo anche gli economisti. Alcuni dati recenti riportati da un’inchiesta del Wall Street Journal dicono che entro il 2050 la popolazione mondiale sarà cresciuta del 32 per cento, ma la popolazione attiva (tra 15 e 64 anni di età) aumenterà solo del 26 per cento. Tra i paesi avanzati, secondo le Nazioni Unite, la popolazione in età lavorativa si contrarrà del 26 per cento in Corea del Sud, del 28 in Giappone e del 23 sia in Germania che in Italia. Per i paesi a reddito medio crescerà del 23 per cento, guidata dall’India con il 33 per cento. Il Ministero della Salute italiano è stato chiaro: “In Italia la bassa soglia di sostituzione nella popolazione non consente di fornire un ricambio generazionale. Il valore di 1,39 figli per donna, nel 2013, colloca il nostro Paese tra gli Stati europei con i più bassi livelli. Questo determina un progressivo invecchiamento della popolazione. In un passato relativamente recente la fecondità tardiva riguardava la nascita del terzo o quarto figlio. Negli ultimi anni la maternità ad età elevate accade sempre più frequentemente per la nascita del primogenito. Il peso della cura dei bambini è molto rilevante per le donne più istruite e con lavori di responsabilità che si confrontano con alti costi e si trovano a dover ridurre la loro attività lavorativa. Il ritardo alla nascita del primo figlio implica un minor spazio di tempo, ancora disponibile, per raggiungere il numero desiderato di figli. La combinazione tra la persistente denatalità ed il progressivo aumento della longevità conducono a stimare che, nel 2050, la popolazione inattiva sarà in misura pari all’84% di quella attiva. Questo fenomeno inciderà sulla disponibilità di risorse in grado di sostenere l’attuale sistema di welfare, per effetto della crescita della popolazione anziana inattiva e della diminuzione della popolazione in età attiva. Va evidenziato che la contrazione della fecondità riguarda tutti gli Stati UE”.

LUCIANO ZANARDINI 01 set 2016 17:13