La pace a tutti i costi

Mai come in questi giorni mi ritornano alla mente le parole che, durante un corso di esercizi spirituali particolarmente intenso, avevo annotato sulla Bibbia a margine di un passo delle lettere di San Paolo: “La pace a tutti i costi”. Quel monito, così semplice nella sua formulazione, ma così difficile da vivere, mi è risuonato dentro con una tale forza di attrazione, da farmi sospettare che qualcosa in me ne reclamasse la presenza, pena la morte della mia anima. È così che guardo le immagini di guerra, ascolto i discorsi di chi formula soluzioni, ipotesi, strategie, minacce e non riesco ad arginare il dolore di fronte alla morte di figli, sorelle, fratelli, madri e padri. “La pace a tutti i costi”… Forse è pace questo dolore, mio e di tanti spettatori, che non ha più lacrime. Non so se sia pace l’indignazione che mi scoppia dentro di fronte alle armi che, sempre più numerose e sofisticate, fanno l’industria, la ricchezza e la “difesa” dei nostri Paesi. Come non so classificare il giudizio spietato che affiora sulle mie labbra di fronte alle parole folli dei grandi della terra che sembrano ragazzini intenti a giocare ai videogames e non con le vite della gente. “La pace a tutti i costi”… Ma quale pace?
Lo Shalom, la pace che Gesù lascia ai suoi prima di salire al Cielo, non si riduce a quella dei tavoli delle trattative e nemmeno a quella che tutti abbiamo sulle labbra in questi giorni; non è solo la fine dei conflitti. È qualcosa di molto più grande e molto più profondo. Mentre ci penso, mi guardo dentro e mi trovo immersa in una guerra anch’io, quella di cui parla San Giacomo nella sua lettera: “Da che cosa derivano le liti che sono in mezzo a noi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete. Invidiate e non riuscite ad ottenere. Combattete e fate guerre”. Eccola la vera pace, quella di cui avevo scritto, quella per cui posso lottare, indignarmi, quella il cui prezzo è alto, ma lo posso pagare qui – e non in Iran, in Israele, a Gaza o in Ucraina – e adesso. Ne guadagno il dono di essere anch’io tra gli operatori di pace, nella mitezza e non nella violenza, nella debolezza e non nella forza, nella povertà e non nel possesso, nel servizio e non nel potere. Solo con questa insegna messianica anch’io, nel mio piccolo, vorrei essere tra coloro di cui nella Bibbia si dice: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza” (Is 52,7). Di questa pace il mondo ha bisogno. Questa è la pace, dono e impegno, da difendere a tutti costi. Quella di Gesù.
