lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
di MAURIZIO TIRA 05 giu 2025 08:28

Misure inaudite

I provvedimenti della presidenza degli Stati Uniti verso alcune prestigiose università di quel Paese sono di una gravità inaudita. Particolarmente gravi e incomprensibili, mirano a ridurre il carattere internazionale delle istituzioni universitarie. L’internazionalizzazione è carattere intrinseco degli atenei dalla loro costituzione e dalla fondazione dei primi “studia generalia”, locuzione con cui si indicavano le università medievali. Essa significava che i titoli rilasciati dallo studium, riconosciuto dal Papa o dall’imperatore, avevano valore universale, e attribuiva uno “ius ubique docenti”. Similmente è nota l’esperienza dei clerici vagantes, studenti che nel basso medioevo si spostavano in tutta Europa per seguire le lezioni che ritenevano di maggiore interesse. Anche i docenti si spostavano, per studio e per insegnare: una su tutte l’esperienza di Erasmo da Rotterdam, una vita dipanatasi tra i Paesi Bassi di origine, l’Inghilterra, la Francia e l’Italia. Le università sono sempre state universali nell’apertura ai contenuti scientifico-disciplinari, nell’apertura a studenti provenienti da ogni parte e da ogni background culturale e nella riconoscibilità del titolo conseguito.

A Bologna, dal 1158, 70 anni dopo la fondazione, l’Impero si impegnò a proteggere dalle intrusioni di ogni autorità politica gli scholares che viaggiavano per ragioni di studio. Si trattò di un evento fondamentale per la storia dell’università europea: essa divenne per legge il luogo in cui la ricerca si sviluppa liberamente, indipendentemente da ogni altro potere! L’Università di Harvard basa buona parte del proprio prestigio proprio sull’elevato livello di internazionalizzazione di studenti e docenti e sulla capacità di attrarre menti brillanti da oltre 150 Paesi. Certo si tratta di un’università esclusiva, riservata a candidati che uniscono al merito una notevole capacità economica, ma l’ingerenza dello Stato, che usa la leva del finanziamento per orientare la linea politica dell’Ateneo, evoca mostri del passato, mai del tutto sopiti e getta ombre inedite su un Paese da sempre meta agognata per gli studi superiori. Ogni potere dittatoriale ha attaccato i centri di produzione del sapere e in particolare le università, perché si tratta di luoghi dove alberga uno spirito di libertà, certo da difendere e far crescere, ma scritta negli statuti, perseguita con caparbietà, a volte tradita, ma sempre rinata. La libertà dell’istituzione accademica nei confronti dei poteri economici e politici non significa isolamento dalla società, né autoreferenzialità, né mancanza di etica. La libertà è la condizione imprescindibile per conoscere, nel confronto con la diversità di pensiero.

(Foto leftvoice)

MAURIZIO TIRA 05 giu 2025 08:28