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di SAVIO GIRELLI 12 mag 2016 00:00

Pane e vino

Nella comunione sotto le due specie vi è una maggiore autenticità e forza espressiva immediata del segno eucaristico

Il Tempo pasquale è quello tradizionale per la celebrazione della Messa di Prima Comunione e Cresima. Sacerdoti e catechisti si chiedono se questo primo incontro con il Signore nell’Eucaristia non possa essere celebrato impiegando il rito nella sua pienezza simbolica: pane e vino. Sfogliando le pagine della storia del rito scopriamo che nel periodo antico l’uso della comunione sotto le due specie è stato praticato, tanto che papa Gelasio I si esprimeva in questi termini: “Sappiamo che alcuni, ricevuta soltanto la porzione del sacro corpo, si astengono dal sangue consacrato, guidati senza dubbio da chi sa quale superstizione. Costoro o ricevano per intero i sacramenti o se ne astengano per intero”.

Nella seconda parte del secolo XII comincia a prevalere la comunione sotto la sola specie del pane. Le cause di questo cambiamento furono d’ordine pratico, altre d’ordine teologico. Tra i motivi d’ordine pratico, ricordiamo le preoccupazioni igieniche e le difficoltà create dalle grandi assemblee. Furono però i motivi legati a un maggior rispetto verso il Ss.mo Sacramento e una maggior attenzione ai pericoli di irriverenza del vino ad escludere la comunione al calice. La comunione sotto le due specie perdurerà qui e là fino agli inizi del secolo XV. Il Concilio Vaticano II riprende l’antica prassi: “La comunione sotto le due specie si può concedere sia ai chierici e religiosi sia ai laici, (…) e secondo il giudizio del vescovo, (…) ai neofiti nella messa che segue il battesimo”. (SC 55) Nelle Premesse al Messale Romano del 2000 n. 281, si aggiunge: “La santa comunione esprime con maggior pienezza la sua forma di segno, se viene fatta sotto le due specie. Risulta infatti più evidente il segno del banchetto eucaristico, e si esprime più chiaramente la volontà divina di ratificare la nuova ed eterna alleanza nel Sangue del Signore, ed è più intuitivo il rapporto tra il banchetto eucaristico e il convito nel Regno del Padre”.

In primo luogo, quindi, nella comunione sotto le due specie vi è una maggiore autenticità e forza espressiva immediata del segno eucaristico come banchetto sacrificale, cioè una maggior perfezione del segno. E se è un presupposto e un’esigenza pastorale tendere verso la pienezza di manifestazione e di comprensione del segno sacramentale, con queste premesse non è escluso, anzi è auspicabile, come già si pratica in alcune parrocchie, che si possa celebrare l’eucarestia bagnando il pane nel vino del calice.
SAVIO GIRELLI 12 mag 2016 00:00