Un grande piano per l'infanzia

Nel 1828, Ferrante Aporti, sacerdote cremonese, apre il primo asilo d’infanzia. Dopo 140 anni, con la legge 444 del 1968, viene istituita la scuola materna statale, non per sostituire le iniziative private che si sono via via diffuse, ma con lo scopo di consentire a tutti di vivere tale esperienza. Nel frattempo, nel 1966, grazie all’intuizione di padre Luigi Rinaldini, è nata a Brescia l’Adasm, l’Associazione Degli Asili e delle Scuole Materne, che poi, nel 1974, su impulso della Cei (Conferenza episcopale italiana), ha assunto una dimensione nazionale con la fondazione della Fism (Federazione italiana scuole materne). Oggi Fism Brescia associa nella nostra provincia 236 scuole dell’infanzia paritarie cattoliche o di ispirazione cristiana, che rappresentano quasi i due terzi del servizio (in moltissime di queste scuole sono presenti anche servizi per la prima infanzia).
Queste realtà sono frequentate da 18mila bambine e bambini tra 0 e 6 anni e in esse operano 2.000 dipendenti. Si tratta di realtà no profit, indispensabili per garantire la scolarizzazione in questa fascia d’età, specialmente nei territori più periferici, dove spesso rappresentano l’ultimo avamposto educativo. Sono scuole senza finalità di lucro, popolari, aperte a tutti, senza distinzione di nazionalità, abilità o religione, accoglienti e inclusive. Autonomia, parità e sussidiarietà: il “combinato” di queste tre norme (il Decreto del Presidente della Repubblica numero 275 del 1999 sull’autonomia scolastica; la legge 62 del 2000 sulla parità scolastica; il principio di sussidiarietà con la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001) introduce alcune importanti novità. La prima. Il sistema nazionale di istruzione è unico e ha due gambe: le scuole statali e le scuole paritarie (private o gestite da enti locali); se una delle due gambe viene meno, zoppica tutto il sistema… La seconda. Viene meno la contrapposizione pubblico-privato: i servizi scolastici sono “pubblici”, non tanto in senso soggettivo, in quanto cioè gestiti da enti pubblici, ma in senso oggettivo, in quanto attività che perseguono finalità pubbliche, a vantaggio di tutta comunità.
Tuttavia, in Italia, la parità scolastica è dispari, poiché è riconosciuta dal punto di vista normativo (legge 62 del 2000), ma non è garantita sotto il profilo economico. E questa disparità grava sulle scuole e sulle famiglie! Si tratta, oggettivamente, di una “legge incompiuta”: oggi è urgente che la parità scolastica sia resa reale anche sul piano economico, per eliminare quegli ostacoli che non consentono di realizzare un’effettiva libertà di scelta educativa da parte delle famiglie. In cosa consiste questa disparità? Il contributo statale alle scuole paritarie è finalizzato al contenimento delle rette a carico delle famiglie. Ma per un bambino iscritto alla scuola dell’infanzia statale lo Stato spende circa 6.800 euro all’anno, a fronte di soli 800 euro per un bambino iscritto alla scuola dell’infanzia paritaria. Le scuole paritarie, oltre che un arricchimento culturale (per la loro storia e perché garantiscono la libertà di scelta educativa per le famiglie), svolgono un servizio pubblico e rappresentano un oggettivo risparmio per lo Stato. In occasione dei 25 anni della legge 62 del 2000, Fism Brescia chiede che venga riconosciuta la reale parità di queste scuole; che i genitori possano scegliere la scuola dell’infanzia alle medesime condizioni economiche; che i dipendenti possano avere lo stesso trattamento stipendiale dei loro colleghi della scuola statale.È possibile sottoscrivere il Manifesto completo sul sito fismbrescia.it. Nel prossimo autunno, in vista delle discussioni sulla Legge di Bilancio, sarà inviato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
