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Brescia
11 mag 2023 13:15

Eretici o profetici?

"Eretici o profeti? Jacques Dupuis: il mio caso è ancora aperto". Mercoledì 17 maggio alle 20.30 è in programma nel complesso di San Cristo il primo appuntamento del “Teatro dell’anima” degli “Incontri Primavera/Estate” 2023 della rivista “Missione Oggi” dei Missionari Saveriani di Brescia. Riprende la serie “Eretici o profeti?” con Jacques Dupuis (1923-2004) gesuita belga, teologo del dialogo interreligioso.

Lo spettacolo di Giuseppe Marchetti è liberamente ispirato a “Il mio caso non è chiuso”. Conversazioni con Jacques Dupuis (a cura di Gerard O’Connell) con Luciano Bertoli e Gabriele Reboni. Video di Maurizio Pasetti e Mara Favaro, regia di Giuseppe Marchetti. 

Il 2 ottobre 1999, padre Jacques Dupuis viene sollevato dall’insegnamento alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove insegnava da 19 anni, su ordine della Congregazione per la dottrina della fede presieduta dal card. Joseph Ratzinger; nel 2002, il cardinale chiede che il gesuita belga venga esautorato dalla direzione della rivista teologica Gregorianum che dirigeva da 15 anni; non ancora soddisfatto sollecita il Preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Peter Hans Kolvenbach di togliergli la libertà di parola, di ridurlo al silenzio nelle comunicazioni orali e scritte. La teologia di Dupuis è accusata dall’ex Sant’Uffizio di “gravi errori, ambiguità dottrinali e opinioni pericolose” nel libro Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, in cui l’autore si interroga se la salvezza di Gesù Cristo sia raggiungibile anche da parte dei “non cristiani” e se le altre religioni possano contenere o meno autentici valori umani e cristiani, e quale significato positivo possa essere attribuito dalla teologia cristiana alle altre religioni nell’ambito del piano divino di salvezza dell’umanità.

Sono questi i temi sui quali aveva riflettuto il teologo belga durante la sua lunga permanenza in India, dove visse 36 anni, di cui 25 insegnando cristologia a contatto con le domande sempre più critiche degli studenti riguardo al significato delle tradizioni religiose dei loro antenati nel piano provvidenziale di Dio. Una sfida profonda per il gesuita belga, partito per l’India nel 1948, portando con sé, insieme alle convinzioni di fede, anche i pregiudizi della civiltà e cultura occidentale, e la persuasione che, in quanto cristiani, possediamo il monopolio della verità. Pensava di dover dare tutto e di non avere niente da ricevere.

Il suo primo incarico a Calcutta è stato al liceo del Saint Xavier’s College, dove entrò in contatto con oltre 1.000 studenti. La stragrande maggioranza “non cristiani”, ma provvisti sia di una grande capacità intellettuale, sia di una elevata moralità ed eccellenza spirituale. Questi giovani, molti dei quali formeranno la Chiesa indiana, rivendicavano il diritto di organizzare in autonomia la Chiesa locale ed invocavano il diritto di forgiare in tutta libertà il loro modo di fare teologia, di porsi domande “impossibili” e cercare risposte “impossibili”. Si chiedevano, infatti, fin dove poteva spingersi il pensiero dell’inculturazione del messaggio cristiano. E rispondevano con altre domande: a) fino al recupero e alla valorizzazione del ricco patrimonio culturale e religioso dell’India, con il quale sostituire la tradizione cristiana dell’Occidente? b) fino a considerare le Sacre Scritture della tradizione induista, quale provvidenziale preparazione operata da Dio per la rivelazione cristiana contenuta nel Nuovo Testamento?

Poteva il card. Ratzinger accettare di distinguere tra la fede in Cristo Gesù e la fede nella tradizione cristiana accumulata in Occidente nel corso dei secoli? Poteva egli dare lo stesso valore al ricco patrimonio culturale e religioso dell’Occidente e all’altrettanto ricco patrimonio della tradizione indiana? Poteva rischiare di far crollare tutto il sistema teologico su cui fino ad oggi è fondato il cristianesimo? Gli sono forse mancati il coraggio, la fiducia e l’amore necessari per il sapere, davanti al nuovo panorama multiculturale e multireligioso del nostro tempo? Fatto sta che arrivò ad accusare padre Dupuis di “gravi errori, ambiguità dottrinali e opinioni pericolose”, forse proprio perché incapace di rispondere a queste nuove sfide del cristianesimo del secolo XXI.

11 mag 2023 13:15