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Brescia
di R. GUATTA CALDINI 20 apr 2015 00:00

Tragedia del mare. Padre Toffari: "Basta con le grette illazioni della politica"

La tragedia del mare nel canale di Sicilia ha posto in risalto la necessità impellente di trovare risposte chiare al dramma in atto. Sul versante Bresciano qual è la situazione?

Ennesima tragedia del mare nel canale di Sicilia. Nel naufragio di un barcone, avvenuto domenica 19 aprile, sono morte centinaia di persone; le prime stime parlano di 700 vittime, ma secondo la testimonianza di un sopravvissuto, portato in elicottero all'ospedale di Catania, le persone a bordo del peschereccio che si è ribaltato sarebbero state 950. In ogni caso si tratterebbe della più grave sciagura del mare dal dopoguerra. Ne abbiamo parlato con padre Mario Toffari, direttore dell’Ufficio per i migranti della diocesi di Brescia.

Nelle ore immediatamente successive alla sciagura papa Francesco si è rivolto all’Europa. "La comunità internazionale agisca" ha detto il Santo Padre. Come dovrebbe muoversi secondo lei l’Europa per evitare ulteriori sciagure?

Non sono un tecnico, preferirei dare delle linee. Il Papa ha detto questo, ma ha premesso dicendo: “Sono uomini e donne come noi, che hanno lasciato la loro terra in cerca della libertà, nella speranza di poter sopravvivere”. Il punto di partenza dell’analisi è questa. Il secondo punto sta nel respingere gli insulti all’intelligenza umana fatti di slogan, chi dice che “più ne partono più ne muoiono” è veramente becero, perché più ne rimangono là, più ne muoiono… sono condannati tutti a morire là, lo vediamo nei vari video che ci mandano in cui vediamo le condizioni in cui è ridotta l’Africa: non so se noi possiamo dirci completamente innocenti. A parte i complessi di colpa che personalmente non ho, credo che la soluzione vada trovata in campo mondiale, in qualsiasi modo, e quando dico questo anche con l’uso moderato della forza (come già ipotizzato per altro dallo stesso catechismo della Chiesa cattolica), ma questo esige che siano poste in Africa condizioni di libertà… In questo momento il compito dell’Italia, dell’Europa e delle Nazioni Unite è sicuramente di garantire le vite umane, tutto il resto viene dopo.

Veniamo sul versante bresciano. Con gli arrivi della settimana scorsa sarebbero 606 i migranti accolti sul territorio. Come viene gestito il flusso dei richiedenti asilo?

Questo è un compito precipuo della Caritas. Dare la prima assistenza, nel senso di compartecipare, è un compito della comunità civile, prima ancora che compito della Caritas. Quest’ultima si interessa a nome della Chiesa di fare la carità. Noi abbiamo la Caritas di Darfo che sta facendo molto bene. Come deve comportarsi Brescia? Abbiamo 600 profughi, su 200mila immigrati circa; 169mila sono quelli regolari: 600 persone non sono un’invasione… Dobbiamo comportarci in modo da accelerare il più possibile i processi d’identificazione, della loro presenza qui, in modo che possano diventare dei profughi regolari, potendo accedere al lavoro, a tutte le attività di una persona normale, qui in Italia, o fuori dall’Italia.

Quali sono le maggiori difficoltà dei centri di prima accoglienza bresciani. Di cosa c’è bisogno?

Su questo credo che vada interpellata la Caritas, le difficoltà non so se siano di ordine materiale: è certo che la Caritas bresciana è in prima linea, non le si può rimproverare niente. Più di altro c’è bisogno di un’educazione della mentalità pubblica. E’ necessario capire che stiamo ospitando 600 persone, su 1 milione e 300mila abitanti bresciani, non stiamo facendo chissà che cosa. Dobbiamo superare le grette illazioni della politica, dobbiamo riflettere con la nostra testa, guardando e sentendo la realtà delle cose con i nostri occhi e con le nostre orecchie…
R. GUATTA CALDINI 20 apr 2015 00:00