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Brescia
di I FRATI FRANCESCANI E IL CONSIGLIO PASTORALE DELL’OSPEDALE CIVILE DI BRESCIA 02 dic 2020 10:11

L'orto degli ulivi

Da alcuni giorni sono stati piantati all’ingresso dell’Ospedale Civile a Brescia alcuni grandi ulivi. Sono piante secolari, nate molti anni prima di tutti noi e che con le cure dei giardinieri, certamente ci sopravvivranno. L’ulivo è una pianta che i bresciani conoscono bene, da secoli crescono sulle rive del lago di Garda. I suoi rami, le foglie, sono un simbolo di pace. La colomba alla fine del diluvio, tornò da Noè con un piccolo ramo nel becco: il sereno era tornato sulla terra. Anche per le altre religioni l’ulivo è simbolo di pace e di rinascita. Ora si avvicina l’inverno, ma la speranza è che in primavera, i rami degli ulivi vengano potati e portati nella chiesa dell’ospedale nella domenica delle Palme o nella domenica di Pasqua: ringraziamento a Dio per averci sostenuti, e aver suscitato in noi energie e gesti di grande umanità e solidarietà, pur in mezzo alla tragedia che così duramente ci ha colpiti.

Ma ciò che l’ospedale vive in questi giorni ci fa capire che ancora la tragedia non è finita. Per noi Cristiani allora, l’ulivo si lega ad una delle vicende più tragiche della storia del Salvatore. E’ il passo dell’orto degli ulivi. In quel passo c’è l’angoscia, la solitudine, l’incomprensione, la consapevolezza e l’accettazione della morte. Cosa ha lasciato questa pandemia a noi bresciani? Come ci ha cambiati? Durante l’estate ci siamo già dimenticati di ciò che abbiamo vissuto? Abbiamo veramente pensato di esserci lasciati tutto alle spalle; che tutto potesse ritornare come prima?

Come Consiglio pastorale Ospedaliero ci siamo confrontati con la lettera Pastorale del Vescovo, e abbiamo raccolto stimoli a non lasciarla passare senza riflessione e rielaborazione, per riprendere con una prospettiva nuova della nostra vita e dei nostri legami con gli altri e con l’ambiente. Nei momenti più bui, noi che lavoriamo in questo Ospedale, ci siamo sentiti soli, abbiamo visto morire da soli i nostri malati, abbiamo avuto paura, abbiamo pianto, abbiamo sudato. Siamo stati chiamati a rispondere a tante domande di ammalati angosciati e con gli occhi pieni di paura, a consolarli. Abbiamo sentito il grande silenzio della notte più dura. I frati non hanno mai smesso di pregare, il giorno e la notte nei corridoi deserti. Davanti alle bare, alle centinaia di bare, abbiamo pregato: “Signore fai che questa prova duri poco”.

Accadrà di nuovo? Sta accadendo di nuovo? I Discepoli nel momento più duro della prova, non riuscirono a resistere al sonno e capirono solo in seguito cosa sarebbe successo e cosa era successo. Si addormentarono nell’Orto degli Ulivi. Il Signore invece vegliava nella solitudine e pregava sapendo cosa sarebbe avvenuto.

Vegliamo allora, perché la notte può ritornare. Sappiamo diradare e combattere la superficialità che ancora qualcuno manifesta, anche quando noi raccontiamo esperienze drammatiche vissute in questo tempo di passione. Ritroviamo ciò che conta, come alcuni di noi hanno fatto, riscoprendo l’amore per i famigliari, proprio mentre siamo da loro segregati. Ma nella notte, nell'orto degli ulivi, nel silenzio, il Signore, che ha scelto di accettare la volontà di Dio, non ci lascia soli, ci è vicino, ci capisce e ci aiuta a entrare nel giorno nuovo. Quel giorno nuovo di risurrezione ci trovi migliori, davvero risorti anche noi, con una maggior apertura e sensibilità verso chi ci è vicino, perché siamo tutti fratelli.

I FRATI FRANCESCANI E IL CONSIGLIO PASTORALE DELL’OSPEDALE CIVILE DI BRESCIA 02 dic 2020 10:11