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Brescia
di REDAZIONE 10 mag 2018 08:05

Sana Cheema è stata uccisa dal padre

Dall'Ansa la notizia che il padre della giovane, agli arresti in Pakistan, avrebbe confermato il delitto. La ragazza non voleva accettare un matrimonio combinato.

La notizia è stata battuta nelle ore scorse dall’Ansa che ha ripreso quanto pubblicato dai media pachistani che stanno seguendo la vicenda. Sana Cheema sarebbe stata assassinata dal padre. L’uomo, già in arresto in Pakistan da settimane, avrebbe confessato di aver ucciso la figlia, alla vigilia del suo rientro a Brescia. L'uomo, cittadino italiano come la figlia, si sarebbe fatto aiutare da uno dei figli maschi per stringere al collo la ragazza fino a romperle l'osso del collo. La 25enne, cresciuta a Brescia, avrebbe pagato con la vita il rifiuto di contrarre un matrimonio combinato.

La morte di Sana Cheema e i repentini funerali avevano sin da subito destato più di un sospetto, tanto da portare le autorità pachistane a iscrivere nel registro degli indagati il padre, lo zio e il fratello della ragazza, come aveva ricordato anche il segretario della comunità pachistana in Italia. Subito dopo il decesso i familiari avevano parlato di morte naturale di Sana a poche ore da un breve malore, mostrando anche un certificato medico. Le indagini condotte dalla polizia locale, con la riesumazione della salma della ragazza per l’autopsia hanno confermato, sempre secondo l’Ansa che è entrata in possesso del rapporto autoptico, che Sana sarebbe morta per rottura dell’osso del collo, lesione che lascia propendere per l’ipotesi di strangolamento. Nelle scorse ore, poi, la confessione del padre.

La vicenda della morte della giovane di origini pachistane residente a Fiumicello e impegnata in un’agenzia di pratiche automobilistiche ha colpito molto anche l’opinione pubblica bresciana. La comunità pachistana residente in città e in provincia si era mobilitata sin da subito per condannare l’episodio, per chiedere che sulla vicenda fosse fatta chiarezza e per chiedere all’opinione pubblica cittadina e alla politica locale, ormai impegnata nella campagna elettorale per le amministrative di giugno, di non strumentalizzare e non procedere con pericolose generalizzazioni.

"Non è facile aggiungere commenti. Mi sembra più corretto che, come cristiani, cerchiamo - spiega don Roberto Ferranti, direttore dell'Ufficio per il dialogo religioso - di assumere un punto di vista per guardare a questa vicenda e per, in generale, guardare a questo incontro con un mondo diverso culturalmente che abita attorno a noi. Dobbiamo essere uomini e donne che cercano di conoscere il problema. Ci sono tanti elementi culturali che non percepiamo in modo diretto. Prima di emettere un giudizio, dobbiamo maturare il desiderio di conoscere queste realtà. Quanto conosciamo della realtà pachistana (20mila nel Bresciano)? Stiamo tessendo rapporti di amicizia con alcuni giovani che qui vivono e crescono".




REDAZIONE 10 mag 2018 08:05