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Brescia
di + LUCIANO MONARI 13 giu 2016 00:00

Monari ai preti novelli: "Grazie, anzitutto a Dio, dal quale viene ogni dono perfetto"

L'omelia del vescovo Luciano Monari pronunciata in occasione delle ordinazioni presbiterali in Cattedrale. Leggi il testo completo. Nel video la storia dei nove nuovi sacerdoti bresciani. Domani la Prima Messa nelle parrocchie d'origine

Cosa può dire un vescovo che sta per ordinare dei preti? Grazie; grazie anzitutto a Dio, Padre della luce, dal quale viene ogni buon regalo e ogni dono perfetto: Lui solo può suscitare nel cuore dell’uomo un desiderio efficace di mettere in gioco la vita consacrandola al vangelo. Poi grazie alle comunità cristiane che hanno accompagnato questi giovani nel cammino di fede con l’annuncio della parola, con l’insegnamento della fede, con l’eucaristia, il dono sempre rinnovato e rigeneratore della grazia di Dio. Grazie naturalmente alle famiglie nelle quali il senso della fede è stato trasmesso con la parola e con l’esempio, con l’amore e col sacrificio. Grazie infine a loro, a questi giovani per il ‘sì’ con cui hanno risposto alla chiamata di Dio. In realtà hanno fatto una scelta saggia perché hanno preferito che è più prezioso; possono dire col salmo: “La mia sorte è caduta su luoghi deliziosi, la mia eredità è magnifica” perché “il Signore è la mia parte di eredità e il mio calice.” Ma rimane vero che essi hanno rinunciato a cose del mondo che frequentemente sono considerate essenziali per la felicità umana: i soldi, il piacere sessuale, l’esercizio del dominio e del potere. Grazie dunque a loro, perché hanno creduto che esiste qualcosa di più importante della gratificazione materiale immediata.

Il ringraziamento va necessariamente insieme alla preghiera d’intercessione per loro: il Signore porti a compimento il cammino che hanno iniziato, mantenga salda in loro la decisione, dia a loro la forza di superare la sfida del tempo e di portare il peso del quotidiano senza lasciarsi fiaccare da fatiche, critiche, insuccessi, umiliazioni. Ma soprattutto il Signore li mantenga ferventi nell’amore e non lasci che il loro cuore inaridisca e si attacchi a soddisfazioni meschine. Dovranno annunciare il vangelo della grazia: come potranno farlo se non sono ‘in stato di grazia’, colmi di gioia per il dono di Dio? Dovranno celebrare l’eucaristia – il corpo di Cristo spezzato per loro; come potranno farlo senza il coraggio di spezzare la loro stessa vita per la vita del mondo? Dovranno edificare comunità cristiane come popolo di Dio, corpo di Cristo, tempio dello Spirito Santo; come potranno farlo se non rinunceranno liberamente e consapevolmente al loro successo personale, se non sapranno portare vittoriosamente il peso delle bestemmie e degli insulti che avvelenano le relazioni umane?

Cerchiamo anzitutto di comprendere cosa dice loro il vangelo che è stato proclamato – il vangelo della ragionevolezza calcolatrice confrontata con l’eccesso dell’amore. La scena è sorprendente, al limite dell’ambiguità: Gesù sdraiato a tavola nella casa di un fariseo; una donna, conosciuta come peccatrice, che “stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.” Il giudizio scatta, veloce come una freccia: la donna? una peccatrice! Gesù? un falso profeta, incapace di intuire chi sia davvero la donna che gli sta davanti! Perché Simone, uomo sinceramente religioso e ragionevole, non riesce a capire? Perché lui non avrebbe mai fatto un gesto eccessivo di amore come quello della donna. E’ educato, lui, rispettoso delle tradizioni, pronto a osservare le leggi della società…; ma si ferma lì, non riesce ad andare oltre, non riesce a rischiare un gesto generoso e gratuito. È un uomo che si è fatto da sé e si ritiene in diritto di mostrarsi generoso solo con se stesso. La donna, no: ha peccato, ha rovinato la sua immagine davanti agli altri e davanti a se stessa; poi inaspettatamente, senza merito alcuno, ha incrociato l’amore di Dio che l’aveva amata da sempre e che l’ha perdonata. Vede in Gesù la presenza di questo amore di Dio, appassionato e creativo. Non ha paura del giudizio degli altri: non può certo diventare peggiore di quello che già è; non ha paura di sciupare un profumo che costa: la consolazione di una vita riscattata vale più di un tesoretto inerte in banca.

Ecco la vera difficoltà che i nostri preti novelli incontreranno e che dovranno risolvere: il fariseo o la peccatrice? Il calcolo preciso o il dono esagerato? Di fatto, questi preti dovranno essere ragionevoli e capaci di fare bene i calcoli: i bilanci delle parrocchie sono bilanci e se diventano rossi (rosso scarlatto) creano disastri. Dovranno discernere tra un’amicizia sincera e un attaccamento da carenza affettiva: le relazioni appiccicaticce escludono gli altri e possono produrre nella comunità miscele esplosive. Dovranno tenere saldo il timone della barca: quando ci si piega al desiderio di tutti la barca gira su se stessa e c’è già da essere contenti se non affonda. Dovranno fare tutto questo, i preti, e nello stesso tempo dovranno essere segno concreto di un amore appassionato e ardente come quello di Dio, di un amore senza misura come quello di Cristo; dovranno accogliere ciascuno con rispetto e tenerezza. Riusciranno a tenere insieme le due cose? A non diventare stupidi per un attaccamento infantile e a non diventare aridi per una ragione strettamente calcolatrice?

Questa è la nostra preghiera per loro: il Signore ha suscitato in loro l’amore ammirevole che li ha condotti fino qui. E non è stato un cammino facile; non è facile il cammino del seminario, non è facile lo studio della teologia, non sono facili quegli inizi di ministero che costringono a misurarsi con le attese dei parroci e con le pretese della gente. Purtroppo non saranno facili nemmeno gli anni futuri: la barca è sballottata dalle onde. Bisognerebbe essere saldi di nervi e forti nella fede come Gesù per riuscire a dormire a poppa sul cuscino. Ma chi può presumere di avere una tale padronanza di sé, una tale sicurezza, una tale fiducia in Dio, un tale amore per gli uomini, una tale disponibilità verso tutti? Eppure la via d’uscita c’è, e chiara, nella seconda lettura che abbiamo ascoltato: “Sono stato crocifisso con Cristo – scrive san Paolo ai Galati –, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.” Paolo crocifisso? L’io di Paolo sostituito dall’io di Cristo? Sembra proprio così, e senza esitazioni. Lo spiegherà alla fine della lettera: a motivo della croce di Cristo Paolo è crocifisso per il mondo e porta le stigmate di Gesù sul suo corpo. Ai cristiani di Corinto ricorda: “portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo… di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita.”

Forse il segreto è qui. Paolo può dire di Gesù: “mi ha amato e ha consegnato/donato se stesso per me.” Chi può dire queste parole sa di essere amato, non teme più che col passare del tempo questo amore possa essere ritirato, si consegna fiduciosamente a Gesù con il desiderio di tutto il suo cuore. Allora può dire: Non vivo più io, ma Cristo vive in me. Sono scomparsi i miei desideri mondani di ricchezza e di gloria; sono comparsi e si rafforzano sempre di più i desideri di servizio e di amore, quelli che possono essere definiti: desideri ‘in Cristo’. L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo e ora i nostri cuori traboccano dell’amore di Dio. Bisogna però aggiungere subito un’avvertenza. La nostra vita, che abbiamo consegnato liberamente e gioiosamente a Gesù, continuiamo a viverla “nel corpo” e cioè in questo mondo, a contatto con le seduzioni del mondo, soggetti alle paure del mondo, con tutte le debolezze della natura umana. E’ possibile custodire quell’amore per Gesù che ci permetta di vivere della sua vita; ma è possibile solo con una misura abbondante e costante di parola di Dio e di preghiera. Solo la parola di Dio può imprimere, arricchire e mantenere viva in noi l’immagine di Gesù; ogni parola del vangelo, ogni lettera di Paolo, ogni promessa dei profeti, ogni prescrizione della legge contribuisce a delineare in noi una figura sempre più ricca e bella e affascinante di Gesù. Cresce lungo il cammino il suo vigore, dice il salmo parlando del pellegrino che si avvicina a Gerusalemme; cresce lungo il cammino il nostro amore per Gesù, dobbiamo dire man mano che camminiamo nella fede. E lo possiamo dire solo se cresce la conoscenza di Lui, la sintonia con lui – attraverso la parola di Dio. La conseguenza è immediata: se non siete sciocchi, non rinunciate mai alla meditazione, agli esercizi spirituali, alla guida spirituale. Sarebbe una scelta autolesionista che vi renderebbe prima tristi, poi demotivati, poi rassegnati, sconfitti.

C’è un ultimo aspetto da richiamare: l’adesione a Cristo ci rende attenti al mondo e alla società in cui viviamo. Siamo rispettosi del mondo e dell’ambiente, perché del mondo consumiamo solo quel tanto che ci permette di vivere; il consumismo è estraneo al nostro stile di vivere. Siamo impegnati per il bene sociale, perché sappiamo che possiamo realizzare noi stessi solo facendoci servi sinceri degli altri; il dominio sugli altri ci ripugna. Non smettiamo di immaginare, progettare, operare per un futuro migliore perché abbiamo una speranza incorruttibile che dà senso a ogni più piccolo passo avanti nel bene. Insomma, ci sentiamo a pieno titolo responsabili del mondo e siamo convinti che l’appartenenza a Cristo, la cittadinanza celeste che rivendichiamo, non ci allontana affatto dal mondo, ci libera invece per un servizio disinteressato e accogliente. Questo dicono le letture che abbiamo ascoltato; questo chiediamo al Signore che ci aiuti a diventare. Voglio farlo anche con una stupenda preghiera che abbiamo imparato dal card. Newman:

Caro Gesù / aiutami a diffondere il profumo di Te / ovunque io vada. / Sommergimi con il tuo Spirito e la tua vita. / Entra in me e prendi possesso del mio essere così pienamente / che tutta la mia vita possa essere solo / irradiazione della tua. / Risplendi attraverso di me e in me. / Ogni persona con cui entro in rapporto / possa sentire la tua presenza dentro di me. / Che osservino e non vedano più me, ma solo Gesù! / Rimani con me! / Allora comincerò a risplendere / come tu risplendi; / a risplendere così da essere una luce per gli altri; / la luce, Gesù, verrà tutta da Te, / niente di essa sarà cosa mia; / sarai Tu / che risplendi sugli altri attraverso di me. / Che io possa lodarti / come tu vuoi; / risplendendo su chi mi sta attorno. / Che io predichi Te senza predicare, / non con la parola, ma con l’esempio: / con la forza che avvince, / con il fascino attraente di ciò che faccio, / con l’evidente pienezza dell’amore / che il mio cuore nutre per Te. Amen (J. H. Newman)
+ LUCIANO MONARI 13 giu 2016 00:00