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Brescia
di + FRANCESCO BESCHI 18 gen 2021 18:40

Tovini e la relazione personale con Dio

Leggi l'omelia pronunciata da mons. Francesco Beschi nella chiesa di Sant’Alessandro in occasione dell’anniversario del dies natalis del beato Giuseppe Tovini

La pagina del Vangelo di Marco che abbiamo ascoltato si apre con la rappresentazione di un tempo dell’anno contrassegnato dalla pratica del digiuno, che farisei e discepoli di Giovanni Battista osservano con zelo.

Il digiuno volontario, dettato da precetti religiosi, è espressione di una rinuncia, di una scelta sostenuta dalla sintesi di diverse ragioni: l’obbedienza, la fedeltà, il sacrificio, l’appartenenza. Evidentemente non è fine a se stesso, ma un gesto relativo alla fede in Dio, spesso accompagnato dalla preghiera e dalla generosità nei confronti dei poveri. Gesù stesso, non solo digiunerà, ma offrirà ai suoi discepoli istruzioni circa le modalità con le quali digiunare.

All’osservazione, evidentemente critica e polemica, degli osservanti, Gesù risponde evocando un digiuno che non sarà scelto e neppure consisterà nell’astensione dal cibo, ma sarà sperimentato esistenzialmente “quando, dice Gesù, lo sposo sarà tolto ai suoi amici”. Non è difficile immaginare che Gesù alluda ai giorni della sua passione e morte in croce e che in questa luce, l’evangelista Marco ci consegni le sue parole.

Stiamo vivendo un tempo di digiuno: la pandemia ha tolto salute e addirittura la vita a milioni di persone in ogni angolo della terra. Viviamo il digiuno delle relazioni decisive, condizionate da giustificate norme di contenimento della diffusione del contagio, e i mezzi di cui possiamo disporre non sembrano colmare questo vuoto. Gli spazi della solitudine si sono allargati e, tra tanti, emblematici sono quelli dell’isolamento di molte persone anziane nelle loro case o in quelle che li ospitano. E’ il tempo del digiuno per coloro, le cui attività sono ferme, è il tempo del digiuno per il mondo della scuola, è il tempo del digiuno per gli impoveriti e coloro che già poveri lo sono ancor più. E’ il tempo del digiuno per coloro che attendono il vaccino e ne saranno inesorabilmente esclusi. Nelle nostre città non manca il cibo, anche se crescono coloro che lo domandano in dono, ma non ci basta. Desideriamo di uscire dalla pandemia, ma la salute, bene fondamentale, prezioso e delicato, non ci basta. Verranno giorni, quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno”.

La festa dei gaudenti sta continuando anche nel tempo della pandemia, ma la festa di nozze, senza lo sposo si spegne. La sposa, senza di lui, non si riconosce più.

Mi sono soffermato su queste risonanze, perché la commemorazione della morte del Beato Tovini, avvenuta Il 16 gennaio 1897, 124 anni fa, si illumina di questo Vangelo. La ragione di vita, di impegno, di speranza di Giuseppe Tovini, non è una causa, un insieme di valori, ma prima e soprattutto, una persona.

Spesso ci soffermiamo sulla necessità di “otri nuovi”, consapevoli del cambiamento che investe inevitabilmente le strutture e le forme più consolidate, sia civili, che politiche, come pure ecclesiali. Ma il rischio, più che reale, che stiamo correndo è quello di preoccuparci degli otri e di dimenticare il vino, di preoccuparci della festa e dimenticare lo sposo.

Giuseppe Tovini non è caduto in questo inganno: ha certamente procurato otri nuovi con la quantità impressionante della sue iniziative e delle sue opere, ma sempre interiormente motivato dal vino nuovo del Vangelo e dalla relazione personale con Dio, a cui quotidianamente attingeva. Ha creato condizioni per la festa degli uomini, dei poveri, dei giovani, perché consegnato radicalmente alla persona dello “Sposo”.

La questione non è quella degli otri e del vestito, ma quella del vino e della stoffa. Le forme, le formule, le istituzioni, sono necessarie, addirittura decisive, ma rischiano di rivelarsi sterili o addirittura pericolose, nel momento in cui si risolvono in se stesse e non attingono a ciò che le giustifica e le vivifica. L’incisività operosa di Tovini e insieme di tutto il movimento cattolico del suo tempo, che pure assumeva forme e formule diverse, a volte addirittura in conflitto tra loro, si nutriva essenzialmente ad un comune patrimonio spirituale capace di generare energia morale, intelligenza della realtà, coraggio nella decisione e nell’operosità.

Dirà di lui Giorgio Montini, in occasione della traslazione delle sue spoglie mortali nella chiesa di San Luca. “Uomo attratto dalla passione delle cose ardue, aveva la forza di concepirle, la fede per conquistarle e aveva l’eroismo di sacrificarsi perché altri, in un futuro non suo, le conquistasse e le possedesse”.

In Evangelii Gaudium, Papa Francesco condivide questo decisivo convincimento: “Cristo sempre può, con la sua novità, rinnovare la nostra vita e la nostra comunità, e anche se attraversa epoche oscure e debolezze ecclesiali, la proposta cristiana non invecchia mai. … Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale.

Mentre veneriamo il beato, preghiamo Dio alla luce della sua testimonianza, ne facciamo memoria generativa. La memoria è una dimensione della nostra fede … la memoria ci fa presente una vera «moltitudine di testimoni». Tra loro, si distinguono alcune persone che hanno inciso in modo speciale per far germogliare la nostra gioia … il credente è fondamentalmente “uno che fa memoria”.

Anche noi facciamo memoria e andiamo insieme, con gioia, ad attingere alla fonte rigenerante, in un tempo di digiuno e di sete, che ne avverte, nei modi più diversi, il bisogno.

La lezione cristiana di Giuseppe Tovini è quella di un uomo che non rimase inattivo sulla terra proprio perché i suoi occhi sapevano guardare spesso al cielo. Fu un grande uomo sulla terra solo per il fatto che fu un grande uomo di Dio. (L.Rota)

+ FRANCESCO BESCHI 18 gen 2021 18:40