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Brescia
di LINDA BRESSANELLI 26 lug 2018 13:10

La pastorale dei volti

Don Angelo Corti, nuovo parroco di Molinetto, si racconta

Don Angelo Corti lascia le due parrocchie di Niardo e Braone, nelle quali era arrivato nel 2010, e torna in una parrocchia che già conosce bene: Molinetto di Mazzano, dove fu curato dal 2002 al 2010. L’attuale parroco di Molinetto è don Angelo Gelmini, che deve lasciare l’incarico perché recentemente nominato vicario episcopale per il clero. Il passaggio dalle due parrocchie camune alla nuova realtà avverrà presumibilmente tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Don Angelo non nasconde il suo dispiacere per dover salutare la Vallecamonica e i suoi fedeli.

Lo abbiamo incontrato nella canonica di Niardo, dove l’intervista si è svolta sotto la supervisione della sua inseparabile gatta.

Che cosa ha imparato in questi anni di ministero?

Dall’ordinazione sono passati 24 anni. Direi che sono più le cose positive che quelle negative, e allo stesso tempo non nego che problemi e difficoltà si incontrano. In particolare, facendo un bilancio di questi 8 anni in cui ho fatto il parroco, posso dire che, a differenza dei 16 da curato, ho potuto meglio vivere il mio essere sacerdote. A Niardo e Braone le attività pratiche sono state affidate ai laici, che hanno risposto nelle loro possibilità e con disponibilità, strettamente dipendenti dalla fiducia che il parroco dà a loro e la concretezza delle strutture. Niardo ha certamente un potenziale ben diverso rispetto a Braone, paese più piccolo e senza oratorio, ma entrambi si stanno abituando a convivere e a condividere gli spazi e le attività delle parrocchie. Essere parroco in due paesi significa avere un’attenzione doppia, perché, piccole o grandi, entrambe hanno le loro esigenze da soddisfare. Il vantaggio è stato averle vicine geograficamente e quindi facilmente e velocemente raggiungibili.

Quali sono le attenzioni pastorali sulle quali vuole insistere?

Nella mia nuova destinazione le attenzioni saranno dettate da chi ci guida dall’alto. Il Papa chiede una “Chiesa in uscita”, fatta di comprensione tra chi è già dentro la Chiesa. Il nostro Vescovo ha sottolineato inoltre di volere una “pastorale dei volti”, ovvero una pastorale che mira innanzitutto a conoscere le persone, le loro storie e la loro vita. Penso che saranno queste le priorità anche nella nuova parrocchia.

Quali saranno i primi passi?

Voglio innanzitutto farmi un’idea della situazione in generale. Sono consapevole che esistono delle realtà a Molinetto che comportano impegno e oneri non indifferenti (il riferimento è soprattutto alla Rsa, all’asilo nido e alla scuola materna). Una volta fatta una panoramica globale, intendo riportare un po’ di serenità a Molinetto. Mi consola il fatto che non saranno tutti volti sconosciuti.

Già, per lei è un ritorno a Molinetto. Che ricordi ha?

Gli anni dell’oratorio, che ho trascorso in modo sereno a fianco di don Battista Gatteri prima e don Piergiorgio Piozzini poi. Ho incontrato tanta collaborazione, in un momento in cui si lavorò anche per rinnovare la struttura che ospitava l’oratorio. Quella è stata la mia mansione per otto anni, durante i quali ho conosciuto tanti giovani, bambini e coppie. Sarà bello rivederli dopo tanto tempo.

Cosa è stato determinante nella sua scelta vocazionale?

Mi allineo molto al pensiero di papa Giovanni Paolo II, che diceva che la chiamata è un mistero. Nella vita certamente hanno inciso nella scelta l’educazione che mi hanno trasmesso i miei genitori e i sacerdoti che ho incontrato lungo il mio cammino.

C’è un versetto del Vangelo che l’ha accompagnata in questi anni?

Spero che mi accompagni per sempre ed è: “Chi persevera sarà salvato”. In qualsiasi realtà bisogna perseverare, una di queste è la missione sacerdotale.

C’è un Santo a cui fa riferimento?

Il Santo Curato d’Ars, ovvero san Giovanni Maria Vianney, patrono dei confessori. La sua storia insegna che la centralità del sacerdozio è ciò che vogliamo fare. È il Santo che nel suo ministero mostra alla gente la sua chiamata. Poi c’è un altro Santo, che ufficialmente ancora non lo è: Papa Paolo VI, oltre al “fratasì”, il Beato Innocenzo da Berzo. Volendo c’è una quarta grande figura di riferimento per me: Papa Luciani, arrivato al soglio pontificio dicendo sempre di sì a quello che gli veniva chiesto.

LINDA BRESSANELLI 26 lug 2018 13:10