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Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 22 mar 2018 08:56

Palazzo Tosio riapre le sue porte

Dopo due anni di restauri e riallestimenti, Palazzo Tosio è pronto per essere riscoperto. Le porte dell’edificio che ospita la sede dell’Ateneo di Brescia - Accademia di Scienze, Lettere e Arti si spalancheranno alla cittadinanza in occasione delle Giornate Fai di Primavera. Sabato e domenica le prime aperture

A circa una settimana di distanza dall’apertura della Pinacoteca di piazza Moretto, riapre al pubblico anche la casa museo del conte Paolo Tosio. Un altro tassello va così ad aggiungersi al circuito espositivo bresciano. Dopo due anni di restauri e riallestimenti, iniziati nel 2016, Palazzo Tosio – punto di riferimento dell’élite culturale della città nel primo Ottocento – è pronto per essere riscoperto. Le porte dell’edificio che ospita la sede dell’Ateneo di Brescia - Accademia di Scienze, Lettere e Arti si spalancheranno alla cittadinanza in occasione delle Giornate di Primavera del Fai. Le prime date in calendario sono sabato 24 e domenica 25 marzo, subito dopo l’inaugurazione dei restauri. Con Sergio Onger, presidente dell’Ateneo, abbiamo ripercorso la storia del palazzo, visitando in anteprima l’appartamento sito in quella che fu contrada di Santa Maria di Pace, prima che la via venisse intitolata alla figura più significativa del collezionismo bresciano.

“Paolo Tosio volle dare ai tre edifici che componevano il palazzo un carattere armonico e unitario, adatto a ospitare la sua collezione di opere d’arte” ha esordito il presidente dell’Ateneo. Inizialmente intervenne Luigi Basiletti, era il 1810, e poi, nel 1824, l’architetto Rodolfo Vantini. In seguito alla morte del conte, l’11 gennaio 1842, la collezione venne donata al Comune per allestire una Civica Galleria. Quattro anni dopo, Paolina Bergonzi Tosio lasciava altre opere e il palazzo al Comune affinché le raccolte del marito rimanessero nella loro sede d’origine. Nel 1851 venne aperta la Civica Galleria Tosio, la prima pinacoteca cittadina. Dopo diverse vicissitudini le opere vennero trasferite alla Pinacoteca Martinengo. Oggi, grazie a una convenzione siglata fra l’Ateneo, insediatosi nel palazzo nel 1908, e il Comune, l’appartamento di Paolo e Paolina Tosio è stato restaurato e reso agibile al pubblico. “Le opere – ha evidenziato Onger – sono state riportate nella dimora d’origine esattamente dov’erano al tempo”. Questo è stato possibile grazie al ritrovamento di 11 preziosi faldoni di proprietà dell’archivio Tosio che fotografano la casa museo così come la lasciò il proprietario. Brescia Musei, infatti, ha messo a disposizione tutte quelle opere – scelte dallo storico dell’arte Valerio Terraroli – “contemporanee e di proprietà del conte Tosio che non sono andate alla Pinacoteca”. Per un ammontare di circa 450mila euro, l’intervento è stato realizzato con il contributo dell’Ateneo (75mila euro), della Regione (100mila euro) di Fondazione Cab (20mila euro) e i fondi restanti sono stati erogati dal Comune.

Al piano nobile del palazzo, nell’ala disegnata dal Vantini, in un’infilata di stanze dal disegno neoclassico, il percorso inizia con la galleria che porta alla sala rosa, la sala dei busti. Si procede in quella ovale, dove il visitatore ha la possibilità di ammirare l’armonia del marmo di “Silvia al fonte” di Cincinnato Baruzzi, i vasi cinesi e la console disegnata dallo stesso Vantini, oggetto di pubblicazione sulle più prestigiose riviste d’arte. Il percorso prosegue nella sala ionica o della musica dove lo sguardo incontra le lunette di Giacomo Trécourt. Fra un pregevole boudoir, divanetti in velluto, dipinti del XIX secolo, sculture, fra cui un “Puttino orante”, l’itinerario porta nel cosiddetto gabinetto ottagonale, con i suoi specchi, realizzato per esporre il busto di Eleonora D’Este scolpito da Antonio Canova, ora alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Al suo posto è stata posizionata una “Testa di Saffo”, sempre del Baruzzi, di proprietà della collezione Tosio. Alle pareti della galleria delle incisioni, ora ospitate nella Pinacoteca, si possono scorgere le scritte di Vantini e del conte che indicano l’esatta collocazione delle opere. “Pensate come testimonianza archeologica – ha sottolineato il presidente dell’Ateneo – le pareti potrebbero, in futuro, ospitare delle riproduzioni fotografiche degli originali, non potendo riportarli se non per brevi periodi”. Oltrepassata la galleria, sulla sinistra, il visitatore scopre, in un’ampia nicchia, la cappella. Nella “saletta bruciata”, dove è stato recuperato l’intonaco originale, sono ospitate due copie del Thorvaldsen, accompagnate da altrettanti quadri di Giuseppe Canella e dal “Bacco pigiatore” di Lorenzo Bartolini. Da qui si passa all’alcova, procedendo, poi, nel salone delle conferenze dell’Ateneo dove sono esposti i ritratti dei personaggi illustri dell’Accademia e il “Cenacolo Tosio”. La visita si conclude nella sala da pranzo – che oggi ospita le riunioni del Consiglio – preceduta dalla sala gialla dove si trovano due dei dipinti più significativi, fra quelli provenienti dai Civici musei: “Newton scopre la rifrazione” di Pelagio Palagi e “Ugolino della Gherardesca” di Giuseppe Diotti.

Per informazioni sulle visite guidate gratuite www.faiprenotazioni.it oppure scrivere ad apriti.brescia@gmail.com.


ROMANO GUATTA CALDINI 22 mar 2018 08:56