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Brescia
di CARMINE TRECROCI 09 mag 2024 10:44

Chi paga i danni ambientali?

L’Ue ha definitivamente varato la Epbd, un provvedimento mirante a promuovere la riqualificazione energetica degli edifici che, si ricorda, consumano circa il 40% dell’energia e sono responsabili di più di un terzo delle emissioni di gas ad effetto serra. La versione finale della direttiva è stata notevolmente annacquata, anche al fine di ottenere il consenso di tutti gli Stati Membri. Invano. Due Paesi su 27 hanno votato contro: Italia e Ungheria. Commentando l’accaduto, il ministro dell’economia Giorgetti ha dichiarato: “È una direttiva bellissima, ambiziosa, ma alla fine chi paga?”. Il ministro si riferiva ai costi delle ristrutturazioni e più in generale della trasformazione della nostra economia per ridurre le emissioni nocive per il clima e l’ambiente. Ma per avere un’idea meno parziale bisogna partire dai danni alla salute, all’economia e alla qualità della vita causati dall’inquinamento, dai cambiamenti climatici e dal degrado dell’ecosistema. Questi costi ammontano già oggi a somme enormi, quasi incalcolabili, che sono destinate a peggiorare con il clima.

Gli effetti sulla vita e sulla salute, quelli sulla continuità delle attività d’impresa, i danni diretti e indiretti al reddito e all’occupazione derivanti dagli eventi meteo estremi, dalla cattiva qualità dell’aria o dagli elevati costi dell’energia fossile incidono in misura sproporzionata soprattutto sulle fasce sociali più deboli e su quelle medie. Decine di milioni di persone che vivono in condizioni socio-economiche di maggiore fragilità e vulnerabilità: hanno patrimoni, redditi e risparmi più bassi, più difficile accesso a credito e coperture assicurative, alternative abitative e lavorative più precarie. In aggiunta, poiché una parte significativa dei costi ambientali e climatici viene sostenuta dallo Stato, che si finanzia attraverso le entrate tributarie, alimentate soprattutto dai redditi medio-bassi, questi ceti finiscono con il pagare due volte per quei rischi. I costi del cambiamento climatico e quelli degli interventi richiesti per prevenirli, secondo le stime più accreditate, stanno mediamente in un rapporto di 6 a 1 da qui al 2050. Lo sanno bene quelle imprese e famiglie (anche italiane) che da anni attuano silenziosamente la transizione ecologica, risparmiando (anche per tutti gli altri) energia ed emissioni e cogliendo nuove opportunità di crescita efficiente, equa e sostenibile. Con buona pace delle contraddizioni e dei conflitti di interesse della politica italiana.

CARMINE TRECROCI 09 mag 2024 10:44